Turismo e vecchi vizi:
la lezione (mancata) del Covid

Turismo e vecchi vizi: <br>la lezione (mancata) del Covid
13 Aprile 13:25 2022 Stampa questo articolo

Va via (forse) la pandemia. E con lei (di certo) l’umiltà e quell’attitudine al bene comune che, per due anni, ci ha illuso che – seppur malridotti – da questa crisi ne saremmo usciti evoluti. Bit 2022 ci ha dimostrato due cose anzitutto: la prima è che il mercato è ripartito e l’effetto guerra con tutta probabilità sarà transitorio; la seconda è che l’industria turistica torna in campo, sì più tecnologica, ma con i vizi di sempre. È dolceamara, perciò, questa primavera del travel assaggiata a Milano.

BOOKING E TESTOSTERONE. Alla domanda di rito «come va?», l’iperbole è in agguato: «Benissimo», azzarda il capo taldeitali, tornando a spargere testosterone tra gli stand. La favola è quella di un booking eccitatissimo. La realtà, al netto della tara ormonale, vede prenotazioni in ripresa, ma ancora molta cautela. Lo testimonia il manager più onesto. Lo racconta la distribuzione che, seppur decimata, resta il termometro più autentico del turismo organizzato. La verità pare sia la seguente: il mercato è ancora sottotono su talune mete long haul (su cui gravano ancora tamponi e quarantene), vigoroso su certi “vecchi amori” come il mar Rosso, dove – giurano le dmc – «è di nuovo pieno di italiani» e lo spazio lasciato dai russi è «prezioso» in termini di letti. Discorso ben diverso per l’Egitto classico, che soffre ancora e attende tempi migliori, pagando forse anche lo scotto di un governo che ha disinvestito in promozione.

MAL DI PANCIA IN AGENZIA. Eppure il ministro del Turismo, a quanto pare, continua a fare di tutta l’erba un fascio. «Abbiamo riaperto tutto. L’inverno in montagna è andato benissimo, l’estate last second sarà forte», diceva Massimo Garavaglia qualche giorno fa in conferenza a Roma, negando il perdurare di criticità. Un atteggiamento reiterato in fiera, quando – stando ai racconti delle agenzie di viaggi – avrebbe liquidato le richieste della categoria con uno sbrigativo «ora dovete solo lavorare». Con conseguente mal di pancia di alcune associazioni. E di chi vorrebbe, appunto, “solo lavorare”, ma fatica tuttora a pagare bollette (sempre più alte) e stipendi (sempre più bassi).

ITALIA TRA ACRONIMI E NOSTALGIA. Ma del resto, ora, le attenzioni delle istituzioni sono tutte altrove, nella fattispecie sul “Tdh, frutto del Pnrr, basato sugli Nft”. Uno scioglilingua che, fuor di acronimo, vale a dire: sviluppo del tourism digital hub, grazie ai fondi Ue del recovery plan, con l’impiego di strumenti come i non-fungible token. Tra blockchain e dintorni, dunque, il ministero promette ricchi premi e cotillon digitali per i turisti che si imbatteranno in Italia.it, ma poi cede alla nostalgia scegliendo per l’Enit un logo dal sapor di dopoguerra, presentato per l’appunto in fiera.

NFT, METAVERSO E ALTRI MOSTRI. Più volte, in questi mesi, abbiamo ringraziato il Covid per aver infranto una serie di argini: prima di tutto tecnologici. Oggi, grazie anche ai fondi stanziati qua e là, le aziende del travel sono più tech di ieri. Ma mentre siamo tutti impegnati a colmare il primo gap digitale, già se ne para davanti uno nuovo: quello nei confronti di token, coin e metaverso, parole che solo oggi cominciamo a masticare. Un segmento che vede avvezzi i nerd delle aziende più evolute e i centennial, i giovanissimi, a cui la nostra gerontocratica Italia fatica a cedere il passo. Solo loro, però, sapranno offrire alle imprese le chiavi del nuovo mondo. Bisognerà aprire bene le orecchie e ascoltarli.

ECOMMERCE NON È UNA PAROLACCIA. «In pandemia ho investito cinque milioni di euro in digitale», ci racconta uno dei nostri imprenditori più sensitivi: Franco Gattinoni che fa una piroetta e arriva in Bit con GattinoniTravel.it, brand ora dominante che punta al cliente attraverso le adv di casa, offrendo loro nuove prospettive. Potentissimo sul fronte hi tech il Gruppo Alpitour, forte del progetto InNova, dell’impiego dell’Nft da pioniere e dell’evoluzione in chiave ecommerce dei suoi portali, preziosi per strappare il viaggiatore al fai da te e rieducarlo al trade passando dal web. Che sia Alpi o Veratour, va detto e ripetuto: siamo nel 2022, il futuro passa dall’omnicanalità e dai presidi in rete. Alle agenzie di viaggi il dovere di buttare il cuore oltre l’ostacolo.

VERDE SBIADITO. Un’ultima annotazione riguarda veri e presunti ambientalisti. Si è detto nei diversi report, da Euromonitor a Virtuoso, che la pandemia ha reso i viaggiatori verdi, altamente sensibili alla sostenibilità, e che infrastrutture e destinazioni si sarebbero adeguate. Si insinua il sospetto che, anche in questo caso, il cambiamento sia solo teorico: mentre avanzano le azioni di green washing, oggi finalizzate anche a ottenere incentivi, il turismo responsabile resterà la solita nicchia. Lo testimonia il ritrovato e sregolato overtourism negli aeroporti più frequentati e nelle mete oggi più accessibili. E non è detto che non ci ritroveremo presto a fare i conti con nuovi movimenti “tourist go home”. Il paradosso post Covid è dietro l’angolo.

L'Autore

Roberta Rianna
Roberta Rianna

Direttore responsabile

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