Travel senza maschera:
il tempo delle scelte

by Roberta Rianna | 16 Ottobre 2020 9:22

Nella prima fiera in maschera, molti tra i player del turismo la maschera l’hanno tolta. I toni di un tempo, talvolta forzatamente trionfalistici, hanno ceduto il passo a una singolare sincerità: la mia azienda soffre, non mi vergogno a dirlo. Siamo stati bravi a fronteggiare la crisi? Sì, ma non troppo. Che soluzioni abbiamo? Una, nessuna e centomila. Bocche coperte, cuore spalancato. È il paradosso di Ttg, evento che ha assunto i tratti insoliti della terapia di gruppo. Una seduta di analisi per manager, agenti di viaggi, giornalisti, comunicatori. Per tutti noi, economicamente annientati dal lockdown, ma per questo (parrebbe) più capaci di prima di metterci in discussione.

Negli anni si è abusato di termini come rilancio, capacità di reinventarsi, salto al digital. Frasi che oggi suonano come ritornelli di un’antica canzonetta, veritieri solo in pochissimi casi. Il Covid, complice il virus della schiettezza, ci impone di raccontare un’altra storia: l’industria italiana dei viaggi, ora incerottata e immobile, la sua opera magna deve ancora compierla. E il tempo adesso stringe. Ma se un pregio questa fase di para-lockdown ce l’ha, è proprio il suddetto tempo. Tempo per riflettere, studiare, improntare schemi efficaci, rubare idee dai migliori. Tempo per farsi coraggio e compiere – domani, dopodomani, quando sarà – scelte tanto intrepide quanto inevitabili.

AGENZIE DI VIAGGI E FANTASIA. Otto mesi a fatturato quasi zero. Prospettive di ripresa a breve termine? Poche, forse nessuna, vista la seconda ondata di Covid e le contromisure del governo. Chi crede nel mestiere, e ha riserve in cantiere, dovrà fare esercizio di resistenza e fantasia. Da un lato, cercare di ridurre all’osso le spese; dall’altro, vendere il vendibile magari immaginando nuovi format: coworking, alleanze, collaborazioni prima impensabili. Ridisegnare business e negozio almeno finché non si ritornerà a viaggiare. Un esempio? La Happyland Viaggi di Mentana (Roma), temporaneamente trasformata in una “Casa di Babbo Natale”. La sua vulcanica titolare Antonella Ruperto, già autrice del libro “50 sfumature di un agente di viaggi”, ha fatto un ragionamento lineare: non posso vendere Rovaniemi, né i mercatini di Natale? Non demordo. Porto questo spicchio di mondo in adv e mi tengo stretti i clienti.

NETWORK IN TRINCEA. Se finora il focus è stato su servizi di assistenza e tanta formazione virtuale, quello che adesso bisognerà offrire alle agenzie partner è “La Cura”, per dirla con Andrea Gilardi di Uvet Travel System. Il manager di casa Patanè avvierà a fine ottobre la stagione delle convention, con il suo evento a bordo di Msc ispirato a Battiato. Seguirà Bluvacanze, che convoglierà le agenzie sempre a bordo di una nave blu. Un fil rouge inevitabile quello delle crociere: uno dei pochi prodotti sicuri al bancone. E se Gattinoni punta forte sulla motivazione, fattore-chiave per Antonella Ferrari & Co., il back office dei principali network è al lavoro su formule di affiliazione e collaborazione “light” tra le adv. Il tema non è più il mero computo delle agenzie (la gara a chi ha più proseliti ha fatto il suo tempo), ma lo studio di soluzioni snelle per contenere i costi, scavallare il periodaccio e garantire la sopravvivenza ai più agili e motivati. Alla fine dei conti le adv attive sul campo saranno molte di meno. Ma è quella famosa selezione naturale – sì, accelerata dal Covid – di cui da anni parla Luca Caraffini di Geo.

CROCIERE, IL MODELLO QUASI PERFETTO. Lo abbiamo scritto e riscritto. E oggi sono per tutti un concreto esempio di ripartenza: Msc e Costa con il loro ecosistema Covid free, i tamponi all’imbarco e la “travel bubble” delle escursioni protette, hanno fatto un gran lavoro portando senza dubbio una ventata di ottimismo al nostro acciaccato settore. A ben guardare, però, la strada della ripresa è anche per loro ancora lunga. Punto primo: l’Italia e parte del Mediterraneo non bastano, c’è fame di lungo raggio. Tema cruciale su cui dovranno lavorare le grandi navi insieme al big player dell’outgoing in un confronto sempre più pressante con le istituzioni. Punto numero due: comunicare la sicurezza, farlo in modo capillare e assiduo. A certi livelli è ben chiaro quanto sia perfetto il “modello crociere”, ma bisogna spingere con forza sulla comunicazione – non solo tramite le ship visit – ma anche attraverso massicce campagne di marketing e pubblicità. La missione deve essere controbilanciare i messaggi terrorizzanti che, soprattutto a mezzo tv, ogni giorno travolgono agenzie e turisti. Il viaggio può convivere con il Covid. Alcuni lo sanno, ma non tutti.

OBIETTIVO LOBBY PER I T.O. C’era una volta un tavolo con 50 associazioni. Finanche quella dei gonfiabili. È così che il settore dei viaggi ha condotto, in questi mesi, le interlocuzioni con il governo. Spuntando meno di ciò che avrebbe ottenuto se si fosse presentato compatto. È la ferma certezza di Pier Ezhaya, neo presidente Astoi, che già imprime al suo mandato un timbro di lucidità e buon senso. La sua idea è schietta: «Il tour operating ha in noi una casa comune, ma la distribuzione è frastagliata in almeno cinque o sei rivoli. Al polo t.o. deve affiancarsi una sola grande associazione per la distribuzione. Niente più rive opposte. Dobbiamo andare uniti davanti alle istituzioni». Un candidato? Fto. «Abbiamo la stessa maturità». Una volta compattata la filera, però, bisognerà volare alto. Ovvero: entrare a Palazzo nel modo giusto. «Serve un lobbista. Una figura importante che porti avanti le nostre istanze». Intanto l’attenzione è tutta sulla riapertura dei corridoi turistici. Il dialogo con la Farnesina è aperto: l’intenzione c’è, l’auspicio è che il miracolo si compia a novembre. Ministro Speranza permettendo.

IL RITORNELLO DEL SALTO AL DIGITALE. In molti lo hanno detto, in pochi lo hanno fatto. E il coronavirus, in tutta la sua crudeltà, ha fatto esplodere un’insospettabile bolla tecnologica. I big data – di cui per anni ci siamo riempiti la bocca – restano il grande, immenso, patrimonio. E solo chi li impiega in modo eccellente ha chance di sopravvivenza. Era il 24 febbraio 2020, vigilia del lockdown, quando Mirko Lalli compiva una magistrale giravolta: consapevole dei cedimenti a cui andava incontro il settore dei viaggi, trasformava la sua Travel Appeal nella nuova The Data Appeal Company, mettendo i dati del turismo al servizio di clienti terzi. Un esempio: «Vodafone ci chiede il database degli hotel con i wifi più deboli. Glieli forniamo sulla base di un incrocio di recensioni. E il gioco è fatto».
Da Lalli arriva una lezione di adoption, termine che indica la capacità delle aziende di adattarsi al nuovo, anche compiendo scelte coraggiose. Ed è questa la sfida regina dell’intera industria del travel. Una skill (per usare un altro inglesismo) che risulterà imprescindibile al risveglio dall’incubo Covid.

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