Il tracollo delle (ex) big del trasporto aereo

28 Settembre 11:01 2020 Stampa questo articolo

L’ultima brutta notizia arriva da Parigi e Amsterdam. I 10,4 miliardi di euro ricevuti da Air France e Klm dai rispettivi governi per superare l’emergenza sono sufficienti per meno di 12 mesi. Per questo motivo, sia Benjamin Smith, ceo del Gruppo franco-olandese, che Pieter Elbers, presidente e ceo di Klm, sono alla ricerca di un’ulteriore ricapitalizzazione, che serva a vedere la luce in fondo al tunnel.

Non meglio vanno le cose dalle parti di Lufthansa, dove è di pochi giorni fa la decisione di ridurre in modo permanente la flotta di 150 aeromobili, e di tagliare da qui ai prossimi anni 25-26mila posti di lavoro.

Del resto, come riporta ilfattoquotidiano.it, la pandemia ha fatto crollare il giro d’affari del trasporto aereo mondiale di 400 miliardi, tanto che nel 2020 è previsto un rosso complessivo di 80 miliardi, con un calo del traffico internazionale del 92% rispetto a un anno fa. Per non parlare dei 400mila licenziamenti annunciati, suddivisi equamente tra tutti i vettori.

Ma non è finita perché da febbraio si è più che dimezzato il valore di borsa dei big. Iag, ad esempio, ha visto la sua quotazione diminuire del 62%. Lufthansa e la statunitense Delta hanno praticamente dimezzato il loro valore. Quello di easyJet si è ridotto a un terzo. Resiste meglio Ryanair che capitalizza circa un terzo in meno rispetto a febbraio.

Sul fronte economico, tra aprile e giugno Air France-Klm ha perso 2,6 miliardi di euro, easyJet ha chiuso con un rosso di circa 350 milioni e un calo dei ricavi del 99%, conseguenza del fatto che i passeggeri trasportati dalla compagnia low cost britannica sono stati 117 mila contro i 26,4 milioni dell’anno prima.

E per il futuro? Secondo un recente studio dell’agenzia di rating Standard and Poor’s la situazione non tornerà alla normalità prima del 2024. “Una normalità relativa”, sottolinea il quotidiano, poiché il coronavirus è destinato a “lasciare eredità duratura. In particolare spostarsi per lavoro sarà un’opzione che dovrà confrontarsi con le alternative (videoconferenze e simili) molto impiegate in questi mesi”.

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Giorgio Maggi
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