Tour operator al bivio, l’altalena dei marchi

06 Febbraio 07:00 2020 Stampa questo articolo

È un mondo difficile. Per i tour operator italiani e non solo. Se a livello europeo, oltre al fallimento dello scorso autunno di un colosso mondiale come Thomas Cook (con il suo crac da 600 milioni di sterline), hanno portato i libri in tribunale altri tre t.o. tedeschi – Wave Reisen, Galavital e H&H Touristik – negli ultimi anni non sono mancati i colpi di scena neppure in Italia.

«Il mercato si sta concentrando e gli operatori medio-piccoli fanno molta fatica. In più, gli italiani non spendono più come prima. Nemmeno nei viaggi», ha detto di recente il presidente di Uvet, Luca Patanè, commentando la chiusura di Tui Italia. E ha aggiunto: «Chi decide di acquistare viaggi, non spende solo in turismo organizzato. Va anche su internet o su altri canali». Così, dalla rivoluzione digitale che ha disintermediato l’offerta attraverso le Ota, all’assenza di management all’altezza della situazione, i motivi per cui i tour operator passano di mano, o peggio, chiudono definitivamente i battenti, possono essere molti.

Se quindi per Tui Italia la ragione sta nel cessato interesse per il mercato italiano della capogruppo tedesca (le attività saranno interrotte il 15 marzo 2020), per Marcelletti i motivi del “congelamento delle operazioni”, sono esclusivamente legate alle condizioni di salute del presidente Guido Chiaranda.

Ancora tutta da definire, invece, la vicenda di Arkus Network, che dopo una campagna acquisti inziata nel settembre 2017 (a quella data risale la notizia dell’acquisizione di Best Tours Italia, allora di proprietà di Alessandro Rosso), ha visto in poco più di 24 mesi consumarsi una parabola che ha portato prima allo shopping, e poi alla chiusura (in un esposto di Aiav, la holding che fa capo alla famiglia Tuttolomondo è accusata di aver “rilevato e affondato” le aziende, “accampando scuse” anche sul fronte dei rimborsi) di quattro brand storici del tour operating: Best Tours per l’appunto, I Viaggi di Atlantide, Metamondo e Amandatour, che insieme volevano dare vita a un polo integrato di outgoing, ricettività e Mice.

Ma gli ultimi due anni hanno visto anche la rinascita del marchio Valtur. Prima affossato dalla gestione Bonomi e poi passato con un’asta milionaria nelle mani dei fratelli Pagliara, decisi a riportare in vita uno dei brand che hanno fatto la storia del turismo italiano.

Sul fronte Uvet invece, l’arrivo di Blue Panorama è stato accompagnato dall’ingresso di Settemari e successivamente di Condor. Un operatore quest’ultimo, che nonostante le dichiarazioni iniziali – per il presidente Patanè, Condor era destinato a integrarsi perfettamente e a rafforzarsi all’interno del Gruppo – è stato lasciato presto al suo destino, pronto a essere sostituito dal t.o. dinamico e generalista Jump.

Campagna acquisti anche sul versante torinese. Era l’estate del 2018 quando l’Antitrust aveva dato il via libera all’acquisizione più importante, quella di Eden da parte di Alpitour, con l’arrivo sotto l’ombrello del Gruppo guidato da Gabriele Burgio di una serie di brand come Eden Village, Made, Margò, Hotelplan e Turisanda, questi ultimi due acquisiti da Nardo Filippetti poco meno di due anni prima. Un’integrazione, quella di Eden, preceduta dall’ingresso in Alpi di altri due t.o.: Press Tours e SwanTour, quest’ultimo soffocato dalla lunga impasse egiziana.

E se la vera rivoluzione si è consumata negli ultimi due anni, è pur vero che fallimenti e acquisizioni nel turismo italiano non sono mai mancati. A fare da spartiacque, se così si può dire, è stata la Grande Crisi del 2008, che una dopo l’altra ha mietuto le sue vittime più eccellenti.

Da I Viaggi del Ventaglio alla Valtur gestione Patti (poi rinata con nuova proprietà), passando per Teorema, Eurotravel e Orizzonti. Per non parlare prima ancora degli storici crac di Festival Crociere, Ventana e dei quattro t.o. travolti dallo scandalo Parmalat (Club Vacanze, Parmatour, Going e Chiariva).

L'Autore

Giorgio Maggi
Giorgio Maggi

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