Se la partita del travel si gioca sulle ricerche vocali

by Mariangela Traficante | 26 Marzo 2019 7:00

Big data, machine learning, intelligenza artificiale: se queste espressioni ci sembrano (ancora) poco familiari nel turismo, è arrivato il momento di cambiare idea, perché le loro applicazioni concrete esistono già anche se forse noi non le vediamo, e perché, come dice Mirko Lalli, ceo e founder di Travel Appeal, è la tecnologia più invisibile e meno invasiva quella che diventa, alla fine, più utile. Con la visione di quello che sta accadendo, oltre che delle prossime sfide, al centro della presentazione tenuta dal manager nel palinsesto di H-Farm, nel corso dell’ultima edizione della Milano Digital Week.

Ci sono alcuni dati da cui è indispensabile partire: la penetrazione dello smartphone, che ha raggiunto l’81% del mercato di telefonia mobile, e il consolidamento delle Olta: Expedia e Booking, nel 2017, hanno raggiunto il 69% del mercato, ma è soprattutto sul fronte del marketing che emerge tutta la potenza di fuoco dei due big. Due anni fa, infatti, l’investimento totale ha superato gli otto miliardi di dollari.

È, quindi, questo lo scenario in cui tutti gli altri si trovano a competere. Chi la spunterà? Probabilmente chi riuscirà a ritagliarsi la propria nicchia di mercato con le competenze giuste per sfruttare al meglio l’enorme mole di dati a disposizione: ogni ambito dell’esperienza (e non solo di viaggio) può essere investita di AI, anche le emozioni. È il caso di Affectiva, che lavora sul reverse engineering. La società si è specializzata nell’individuare emozioni complesse e stati cognitivi dall’analisi di voce ed espressioni facciali, per ottimizzare i contenuti dei clienti in maniera scientifica.

Un’altra realtà segnalata da Lalli è Lola: nata come chatbot, si è trasformata in un’app basata sull’intelligenza artificiale per semplificare il processo di acquisto dei viaggi aziendali, con l’accesso a una piattaforma per districarsi tra gestione delle spese, prenotazioni e travel policy. Così come le potenzialità di un concierge digitale nel business travel non sono sfuggite ad American Express, che l’anno scorso ha acquisito Mezi, un’applicazione nata nel 2015 e che utilizza i chatbot per interagire con gli utenti, fornendo risposta alle richieste su consigli e prenotazioni – hotel, voli, ristoranti – tramite messaggi in linguaggio naturale.

Da Israele, invece, arriva Splitty, che usa la tecnologia per volgere a favore di utente i calcoli del revenue management, promettendo di intercettare la combinazione più conveniente suddividendo la prenotazione. Mentre Tiny Clues, nata in Francia, utilizza l’AI per raccogliere tutte le piccole tracce che lasciamo dietro di noi nel web e metterle al servizio delle strategie di marketing grazie al deep learning. Tra i clienti travel ci sono player come Accor e Thomas Cook.

Infine c’è Ixigo,il marketplace indiano di ricerca e comparazione, che già l’anno scorso aveva annunciato il lancio di Tara (Travel assistant & recommendation agent), un’assistente di viaggio virtuale basata al 100% sull’intelligenza artificiale. Un elemento su tutto: si tratta di un’assistente vocale, che appunto diventa con ogni probabilità la sfida tecnologica del travel.

Se, prevede il founder di Travel Appeal, la blockchain potrà essere disruptive per il mondo Olta, il futuro sarà quello delle ricerche vocali, che vivranno una vera impennata. Un esempio? Impossibile ignorare Alexa, creatura di Amazon, e Google Home: la partita si giocherà lì.

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