Reverse charge, la sentenza della Cassazione fa discutere

20 Aprile 07:00 2022 Stampa questo articolo

Tra il dire e il fare c’è sempre di mezzo il mare e  sulla recente sentenza della Corte di Cassazione in materia di reverse charge (inversione contabile, ndr), che specifica come questo sia un “meccanismo che non è incompatibile con il regime speciale per le agenzie di viaggi”, si è aperto un dibattito interno tra i consulenti fiscali delle varie associazioni di categoria del turismo organizzato.

Con il dispositivo emesso dalla Cassazione, che è prassi e non legge, si spiega infatti che, se un’agenzia riceve fatture da un fornitore estero relative a prestazioni di servizi per le quali sussiste l’obbligo di applicazione del reverse charge, ai sensi dell’art. 17 comma 2 del dpr 633/72, l’agenzia è tenuta a integrare con l’Iva il documento ricevuto, ferma restando l’applicazione del regime speciale ex art. 74 ter del medesimo decreto e la conseguente indetraibilità dell’imposta.

Ai sensi dell’art. 17 comma 2 del dpr 633/72, è infatti previsto un particolare metodo di applicazione dell’Iva per le operazioni domestiche, effettuate da soggetti non residenti e privi di stabile organizzazione in Italia nei confronti di soggetti passivi d’imposta ivi stabiliti.

La sentenza, prontamente rilevata dalla consulente esperta in materia, Caterina Claudi, è già all’esame delle associazioni di categoria poiché, tecnicamente, in qualità di debitore d’imposta, il cessionario o committente è tenuto a integrare la fattura ricevuta o a emettere autofattura, applicando l’imposta secondo l’aliquota dovuta.

A tal proposito Claudi osserva: «È sicuramente vero che nel regime 74 ter l’Iva è indetraibile per il consumatore finale e non certamente per l’agenzia di viaggi che acquista servizi turistici per utilizzarli nell’organizzazione di un pacchetto turistico. Infatti, il regime speciale è stato pensato proprio per questo settore e con un meccanismo semplice e in grado di non discriminare l’agenzia di viaggi rispetto al   contribuente che liquida l’Iva con il sistema ordinario; infatti, quando si registrano le fatture o i documenti di costo nel regime 74 ter si iscrivono per il totale (imponibile+Iva)».

«Ma tutto questo in linea teorica – prosegue l’esperta – perché se penso all’applicazione pratica ho forti dubbi in quanto gli adv acquistano, sì da soggetti stranieri soggiorni in alberghi italiani, ma lo fanno utilizzando delle piattaforme online (Expedia – Booking – Go Global) che però pubblicano tariffesimili a quelle delle piattaforme italiane, quindi comprensive dell’Iva. Per averne conferma basta fare un confronto di prezzi, partendo dalla tariffa pubblicata dell’hotel italiano con i prezzi pubblicati da queste banche-letti straniere e italiane. I prezzi sono molto simili, tra l’altro Expedia alla voce “tasse, oneri” indica un importo che è esattamente il  10% del prezzo della camera».

Circostanziata, a tal proposito l’opinione di Benedetto Santacroce, consulente fiscale  Astoi: «A nostro parere, l’ordinanza n. 11739/2022 della Corte di Cassazione interpreta correttamente le norme che disciplinano il regime speciale Iva per le agenzie di viaggi. Come noto, tale regime, previsto all’art. 74 ter dpr 633/1972 (art. 307 direttiva 2006/112/Ce), al ricorrere di determinate condizioni, detta una regola particolare quanto alla determinazione della base imponibile per le prestazioni eseguite dall’agenzia di viaggi. Senza entrare nel meccanismo di calcolo, è noto che la determinazione dell’Iva con il metodo “base da base” comporta l’indetraibilità dell’imposta sugli acquisti (art. 74 ter, comma 3, dpr 633/1972, art. 310 direttiva 2006/112/Ce). Tale regime speciale deve leggersi ovviamente all’interno del sistema Iva. Pertanto, restano applicabili tutte le norme generali rispetto alle quali l’art. 74 ter dpr 633/1972 non costituisce una deroga. In tal senso restano applicabili alle agenzie di viaggi le regole sia in tema di territorialità dei servizi (art. 7 ss. dpr 633/1972) sia di debitore d’imposta (art. 17 dpr 633/1972)».

«Ciò implica – prosegue – che, se l’agenzia di viaggi, come nel caso esaminato dalla Suprema Corte, acquista un servizio da un operatore estero imponibile in Italia, è tenuta ad assolvere l’imposta in reverse charge. Nella vendita successiva, qualora l’agenzia ricorra al regime “base da base”, dovrà provvedere a rendere l’Iva indetraibile in fase d’acquisto. Del resto, se così non fosse, si creerebbe un vantaggio ingiustificato in riferimento agli acquisti dall’estero rispetto a quelli nazionali».

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Andrea Lovelock
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