Neverending tourism per il rilancio: lo studio del PoliMi

by Giulia Di Camillo | 28 Gennaio 2021 11:28

Il turismo vuole rialzare lo sguardo, nonostante il gran colpo subito dalla pandemia, che stando ai numeri snocciolati dalla School of Management del Politecnico di Milano e dal suo Osservatorio Innovazione Digitale nel Turismo, con la sola componente digitale ha subito un calo di oltre 9 miliardi di euro rispetto al 2019: l’ecommerce di viaggi degli italiani nel 2020 ha segnato un drastico -60%, un po’ meglio rispetto ad agenzie di viaggi e t.o., che hanno invece toccato soglie negative di fatturato pari quasi al 100%.

Un impatto così forte quello del Covid sull’universo del travel, che quest’ultimo ne sta uscendo letteralmente stravolto nell’intero suo ecosistema. Quello dell’intermediazione tradizionale era un mercato tutt’altro che in crisi ma, così come per il tour operating, l’anno passato è stato di sopravvivenza, con un calo dei fatturati che hanno raggiunto addirittura cifre come il -95%.

L’impatto è meno marcato su ospitalità, trasporti di terra e di mare e attrazioni, comparti che sono riusciti, mediamente, a mantenere il giro d’affari in una forbice tra il 40 e il 60% rispetto al 2019, grazie soprattutto al turismo di prossimità. «L’ospitalità, in modo particolare, ha parato il colpo grazie al rimbalzo avvenuto nella stagione estiva», ha detto Filippo Renga, direttore dell’Osservatorio Innovazione Digitale nel Turismo, che invita tutti a guardare avanti con ottimismo perché quello che non si misura non si rinnova, e «la creazione di conoscenza consente di affrontare meglio il futuro».

IL MERCATO DIGITALE ITALIANO. L’ecommerce di viaggi degli italiani nel 2020 ha segnato quindi il -60%, assestandosi a 6,2 miliardi di euro. Prevalgono ancora le prenotazioni effettuate da desktop (65% del totale), ma il mobile assume più rilevanza (35%) e registra una decrescita inferiore rispetto al mercato (-39%). I trasporti si confermano la categoria merceologica più acquistata su internet (60%), ma perdono quota (-1 punto percentuale rispetto al 2019) in favore degli alloggi (34%, +3 punti). Seguono, con un 6%, i pacchetti e tour organizzati.

«Il canale diretto, che ha inciso per il 66% sull’e-commerce complessivo, si è rafforzato – ha spiegato Filippo Renga – Da un lato, infatti, il cliente ha cercato il contatto diretto con il fornitore per ricevere informazioni e rassicurazioni. Dall’altro, il turismo di prossimità ha aumentato il ricorso a servizi conosciuti o comunque accessibili via telefono, email o chat, e reso meno necessario l’utilizzo di intermediari. Le Ota hanno sofferto (-57%), ma meno quelle legate esclusivamente all’extra-alberghiero (-33%)».

UNA FINESTRA SUL BUSINESS TRAVEL. La spesa per i viaggi d’affari scende a 7,6 miliardi di euro, in diminuzione del 63% sull’anno precedente. Il mercato nazionale (3,2 miliardi di euro) realizza la performance “migliore” (-56%), e quello internazionale (4,4 miliardi) si riduce di due terzi (-67%).

«La maggiore variazione negativa si ha nella spesa internazionale dell’industria (-68%) dove il crollo dei viaggi Mice (legati a meeting, fiere e eventi aziendali), i più costosi, ha anche inciso sul segmento nazionale (-58%). Il terziario, meno esposto ai viaggi intercontinentali, mostra una contrazione di spesa decisamente inferiore (-60%)” afferma Andrea Guizzardi, direttore dell’Osservatorio Business Travel – Il 63% delle aziende italiane indica nel secondo semestre 2021 il momento in cui si tornerà a viaggiare per motivi non strettamente necessari».

SÌ DIGITAL, MA ANCHE HUMAN. «Il 2020 un anno di rottura completa, ma anche di trend che non pensavamo di rivedere. L’accelerazione poi ha visto due temi importanti avere ancora più attenzione, sostenibilità e sicurezza, e quindi anche fiducia, che passa sì attraverso il digitale ma anche tramite l’elemento umano.  L’elemento umano conta e lascia grande spazio all’agente di viaggi, che sa trasformarsi in consulente, cosa che già avviene nei Paesi anglosassoni», ha avvertito Maria Elena Rossi, direttore marketing Enit.

«Il 2020 ha segnato una vera svolta per il travel. La domanda si è trasformata, ma ha dimostrato una forte reattività – ha dichiarato Eleonora Lorenzini, direttore dell’Osservatorio Innovazione Digitale nel Turismo – Gli attori dell’offerta che riusciranno a superare questa crisi si trovano di fronte alla possibilità di accelerare verso cambiamenti già in cantiere su temi come il digital journey, la sostenibilità e il neverending tourism. Cos’è? Una rinnovata capacità di collaborazione tra gli operatori del settore potrà essere humus fertile per accettare la sfida o, al contrario, rifugio per rimanere ancorati a vecchie logiche. A ciascuno decidere se scegliere la strada della recriminazione o la sfida dell’innovazione».

Il neverending tourism rende possibile l’estensione dell’esperienza turistica, sia fisica che digitale. Una nuova offerta turistica fatta di contenuti online o di prodotti del territorio può quindi essere prodotta e distribuita tramite canali digitali sia da destinazioni che da singoli operatori per anticipare nel pre-viaggio e proseguire nel post la relazione con il cliente, generando ulteriori fonti di ricavi.

La tendenza al neverending tourism comporta una dilatazione dell’esperienza turistica che punta a essere continuativa e non restringersi al tradizionale periodo di ferie. La possibilità sempre più diffusa di lavorare da remoto può dare benefici a chi lavora nel turismo e alle destinazioni: il 39% delle strutture ricettive italiane ha ospitato clienti in remote working nel 2020.

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