Nelle Marche alla scoperta dell’oro giallo di Cabernardi

18 Settembre 07:00 2019 Stampa questo articolo

Una visita in notturna all’interno del riscoperto Parco Archeo Minerario di Cabernardi (An) per fare un tuffo in quello che fino agli anni Cinquanta è stato il più grande centro minerario d’Europa. È una delle tappe del Grand Tour delle Marche nel territorio fabrianese, organizzata dall’Unione Montana dell’Esino-Frasassi e Parco Naturale Regionale della Gola della Rossa e di Frasassi con Tipicità di Angelo Serri e Alberto Monachesi, in collaborazione con l’agenzia di viaggi e tour operator Aleste Tour.

Una passeggiata attraverso i luoghi e gli impianti di estrazione dello zolfo, l’oro giallo di Cabernardi, e del paesino di Canterino che l’allora Montecatini costruì ad hoc per ospitare le 500 unità necessarie per intraprendere la copiosa attività mineraria di quegli anni. Riaperto nel 2015, dopo anni di lavori di restauro per riportare alla luce ciò che la società aveva tentato di nascondere dopo la chiusura definitiva del 1959, il sito permette di rivivere il processo di estrazione: dalla fusione dello zolfo all’interno dei calcaroni o dei forni Gill all’ingegneristico pozzo Donegani.

Un viaggio che ripercorre le gallerie sotterranee per ricordare le generazioni di minatori che, attraverso un lavoro duro e pericoloso, hanno contribuito alla nascita e allo sviluppo del settore chimico-minerario italiano.  Si parte dal Pozzo Donegani, esempio di ingegneria industriale e simbolo della miniera, testimone dei migliaia di minatori che ogni giorno scendevano fino al 13esimo livello attraverso gabbie e ascensori, armati di piccone e buona volontà. Il giro prosegue su un viale sterrato disseminato di forni Gill, nei quali avveniva più rapidamente la fusione del metalloide.

La società Montecatini, titolare delle concessioni, ha rilevato la miniera di Vallotica-Percozzone nel 1917 potenziando gli impianti che raggiunsero l’estensione di mille ettari e la profondità di 870 metri. La Montecatini arrivò ad avere circa 2mila dipendenti, provenienti sia da paesi limitrofi che da diverse zone d’Italia, e di conseguenza Cabernardi si arricchì di numerose infrastrutture, negozi e servizi assistenziali, ricreativi e relazionali. La miniera ha significato lavoro, ricchezza e coesione sociale non solo per la popolazione di Cabernardi, ma anche per i paesi vicini da cui attraeva forza lavoro. Con il richiamo di manodopera cresceva anche il fabbisogno di abitazioni. Fu la stessa società a realizzare i nuovi agglomerati urbani dotandoli di tutti i servizi necessari e per il tempo libero.

Canterino, il villaggio dei minatori, è stato costruito in una vallata alle pendici del comune di Sassoferrato nel 1919, attualmente ci vivono stabilmente otto persone ma ai tempi d’oro della miniera ne contava oltre 300. Un luogo di produttività che incarnava l’utopia capitalistica di un posto in cui offrire ai lavoratori lo svago e il benessere con i fumi della lavorazione dello zolfo a fare da sfondo. Era il rovescio della medaglia: se da un lato la miniera arricchiva e permetteva un’esistenza dignitosa a chi vi lavorava, al tempo stesso ne comprometteva sempre di più la salute e devastava l’ambiente circostante. Ancora oggi, se con Google Maps si cercano i luoghi in cui erano collocati i calcaroni, appaiono come dei cerchi nel grano a significato del fatto che a distanza di 60 anni continua a vedersi l’effetto dell’invasione umana.

L'Autore

Antonella Caporaso
Antonella Caporaso

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