Lobby aperte e coworking, la seconda vita degli hotel

09 Ottobre 07:00 2019 Stampa questo articolo

Porte aperte. È scritto nel futuro dell’hôtellerie. Un tempo quanto mai prossimo, visto che sempre più gruppi dell’ospitalità alberghiera stanno creando le condizioni per dare ampio respiro alle aree comuni, perché accolgano tanto i clienti quanto i visitatori esterni. Cuore di questo nuovo corso è la lobby. Gli spagnoli di Nh hanno scelto il Milano Touring per il debutto italiano del concept “Lobby Alive” nato nello spazio pilota all’Nh Nacional di Madrid: apertura alla città, flessibilità degli spazi che si aprono o chiudono a seconda delle esigenze, multifunzionalità con zone dedicate a relax, lettura, lavoro o ristoro.

Un’idea estesa anche all’area food&beverage, con il Camelia’s Yard, ispirato alla “Milano da bere”, ampio spazio comune con bar, sala biliardo e ristorante senza soluzione di continuità. E dall’hotel fanno sapere di aver raddoppiato i clienti del ristorante dopo l’apertura della nuova lobby, con il 60% di esterni.

“Alive” va a braccetto con “open”, come già aveva intuito l’Holiday Inn Rome Eur, che dopo il restyling ha inaugurato l’Open Lobby: zona hall, bar e ristorante sono diventati spazi dove incontrare, lavorare, socializzare. Aree comuni da aprire all’esterno sono anche le terrazze, come insegna Roma, che al ristorante Sette del Radisson Blu es Rome del Gruppo Jsh organizza “Rooftop in Rome: A dinner with”, cene evento in compagnia dei migliori interpreti della cucina contemporanea: protagoniste le stelle Michelin. Una location gourmand a bordo piscina con affaccio sui tetti anche per far conoscere l’albergo alla città.

Trovata simile, ma taglio diverso per Four Points by Sheraton Milan Center. Milano è, insieme a New York, la destinazione scelta dal brand di Marriott per lanciare Best Brews Fest, che a ottobre mette a disposizione degli ospiti, interni ed esterni, una selezione di sei birre locali scelte dai sei Four Points italiani – abbinate a piatti tipici, come pane tostato con baccalà mantecato, arancini o cubetti di polenta, funghi chiodini e lardo. Un modo per accogliere il cliente – di solito businessman – anche nei momenti di relax, o per invitare a entrare.

Per le 4mila strutture affiliate a DayBreakHotels c’è invece la formula multitarget e multiuso, dove alcuni servizi interni, dai ristoranti alle Spa, non sono a uso esclusivo dei clienti, ma vengono aperti al pubblico. Attività che comprende anche il day use delle stanze: punto di forza è la possibilità di prenotare una camera solo per alcune ore, con risparmi per il cliente fino al 60%. Una formula lanciata negli States per ampliare le aree di business e ottimizzare i ricavi.

Per i millennial i brand rinnovano una proposta di svago condiviso. Ancora Marriott, con Moxy, vivacizza le lobby che diventano sedi di tornei di biliardino, esperienze 3D, partite a scacchi, lezioni di yoga o concerti. Il terreno più battuto negli ultimi tempi è però quello del coworking. La catena israeliana Fattal Hotels ha lanciato Rooms, joint venture che unisce work&hospitality (workspitality).

Del resto le persone già lo fanno: lavorano in albergo. Perché non studiare aree ad hoc? Il gruppo francese Accor cavalca la tendenza con brand esperti come Wojo e Mama Works: per i viaggiatori che vogliono lavorare fuori dalle loro camere e fare rete, per chi non vuole stare tra le pareti di un ufficio.

L'Autore

Claudia Ceci
Claudia Ceci

Giornalista professionista, redattore. Specialista nel settore viaggi ed economia del turismo e delle crociere dopo varie esperienze in redazioni nazionali tv, della carta stampata, del web e nelle relazioni istituzionali

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