Lo tsunami delle free cancellation sugli hotel

29 Aprile 07:00 2019 Stampa questo articolo

Quasi una prenotazione alberghiera online su due viene annullata prima della data di partenza. A dirlo è l’ultima ricerca condotta da D-Edge, la divisione hi-tech di Accor che comprende piattaforme come AvailPro e FastBooking, che sottolinea come all’origine di questo comportamento sempre più disinvolto da parte dei viaggiatori ci siano le politiche di free cancellation introdotte da tutte le principali Ota.

La dimostrazione, dice il report, arriva dal fatto che mentre il tasso medio di cancellazione nel 2014 era del 32,9%, dopo quattro anni lo stesso è salito fino al 39,6%, raggiungendo però il suo picco più alto nel 2017 (41,3%). «Gli ospiti – si legge nello studio che ha preso in esame le performance online di oltre 200 canali di distribuzione di 680 strutture in Europa tra 2014 e 2018 – sono diventati molto più esperti a causa delle politiche di cancellazione rese popolari da canali come Booking e le relative app, tutti pensati per permettere nuove prenotazioni a ogni cambio della tariffa. Per questo motivo, gli hotel sono costretti a implementare nuove politiche basate sull’acquisito di tariffe non rimborsabili».

A conferma di questa tesi, arrivano anche i dati che vedono Booking Holdings detenere il primato tra le Ota in fatto di cancellation rate, con una percentuale del 50% nel 2018. Più contenuto, invece, lo stesso tasso in casa Expedia (26,1%), mentre sui siti delle strutture alberghiere le cancellazioni si fermano al 18,2%.

Infine, Booking detiene un market share del 48,3% sul totale delle prenotazioni effettuate via web, una percentuale che sale al 68% se si considerano tutte quelle fatte tramite Ota. In tutto il periodo preso in esame, però, le preferenze dei viaggiatori che prenotano online non si sono spostate di molto: mentre le Ota sono cresciute del 4% tra 2014 e 2018, le vendite dirette sui siti degli hotel sono calate quasi in egual misura, del 6,3%.

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