Lazio, che fine ha fatto la legge sul turismo?

23 Maggio 15:54 2022 Stampa questo articolo

Ennesimo pasticciaccio brutto della burocrazia italiana. La nuova legge regionale sul turismo del Lazio, con una serie di novità cruciali per l’attività delle agenzie di viaggi nel post pandemia, è stata approvata ma è ferma da due settimane in Consiglio regionale per “coordinamento formale”, prassi che prevede una sorta di riscrittura del testo.

In allerta il presidente di Fiavet Lazio, Stefano Corbari: «Non abbiamo notizie di quando e come questa nuova legge regionale vedrà la luce. Abbiamo sollecitato i nostri referenti in Regione, senza ottenere rassicurazioni certe sui tempi per la pubblicazione definitiva. Fiavet Lazio terrà la sua assemblea annuale il 31 maggio, ma non c’è certezza di avere prima il testo della legge per poterlo discutere e avviare un confronto con i referenti della regione. Alla nostra assemblea abbiamo invitato la presidente della V Commissione Turismo della Regione, Gaia Pernarella, per avere chiarimenti. Spero proprio che venga».

Si tratta di una impasse che non aiuta quegli agenti di viaggi, e non sono pochi, che pur in possesso di regolare licenza, hanno dovuto chiudere l’ufficio in strada per gli affitti proibitivi e vorrebbero operare da casa. Non è un dettaglio irrilevange: se la legge non contemplasse una deroga o una sorta di moratoria per le destinazioni d’uso che consenta agli adv con regolare licenza di lavorare temporaneamente da casa, questi agenti sarebbero considerati a tutti gli effetti dei clandestini, esattamente come gli abusivi che affollano il mercato parallelo del turismo pseudo-organizzato.

Un agente di viaggi, che ha scelto di rimanere anonimo, che aveva un ufficio in centro a Roma e ha chiuso i battenti quasi un anno fa perché non poteva sostenere un salatissimo affitto, così ci ha commentato la vicenda: «Se questa è la tempistica con la quale l’amministrazione pubblica intende affrontare le emergenze di tutti i giorni e le urgenze del Pnrr, siamo davvero messi male. Personalmente lavoro con il mio cellulare e incontro potenziali clienti al bar, perché non mi azzardo a riceverli presso lo studio pur attrezzato e allestito in casa, ma non si può continuare a lavorare in questo modo. Lo scorso anno ho fatturato praticamente zero, ho ricevuto una miseria di ristori e ora devo aver paura a operare, pur in possesso di una regolare licenza. Come pensano i nostri amministratori pubblici che io e altri adv possiamo ricominciare a fatturare e pagare anche le tasse? Non è demagogia,  è semplicemente una realtà assurda».

Per inciso, i nostri tentativi telefonici di avere delle risposte da parte della Regione Lazio sono andati a vuoto. Come a dire: “Del doman non v’è certezza”.

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Andrea Lovelock
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