La magia del Circeo racchiusa nell’Oasi di Kufra

30 Giugno 11:18 2021 Stampa questo articolo

Il raggio di sole ti colpisce appena entri nella hall. Non importa se fuori piova o meno. Basta varcare la soglia dell’Oasi di Kufra, resort adagiato sulla spiaggia finissima di Sabaudia, per respirare il mare.

La luce inonda tutto: l’ampia sala color bianco e avorio che accoglie i clienti al check in, il corridoio con tessere maiolicate bianche e azzurre che conduce al bar, l’enorme sala ristorante dalle ampie vetrate e soprattutto le camere con terrazzini che guardano sul lido attrezzato e verso l’inconfondibile sagoma del Monte Circeo, nel cuore dell’omonimo Parco nazionale.

Una struttura magica, sorta tra le dune di una delle cinque città di fondazione fascista della provincia di Latina: quella Sabaudia che, come recita l’iscrizione accanto al Municipio, fu inaugurata nel 1934 “dopo 253 giorni di lavoro”.

L’Oasi, stretta tra il mare e il lago di Paola e commercializzata da Ag Group attraverso Ag Hotel Consulting, è rimasta aperta anche in pandemia grazie alle squadre di canoa e sport acquatici che hanno continuato ad allenarsi nei quattro km di specchio d’acqua. «Abbiamo lavorato a regime ridotto, approfittandone per investire nel resort – spiega Simone Ponziani, da tre anni alla guida della struttura – Abbiamo lanciato il nuovo sito Oasidikufra.it, potenziato la domotica e rinnovato le 115 camere puntando su colore e tecnologia». E in effetti i nuovi letti di azzurro intenso, la carta da parati colorata, il sapiente gioco di accostamenti rende l’Oasi di Kufra una sorta di prolungamento naturale della spiaggia dorata che si trova lì davanti. Perfino la moquette a onde dà l’impressione di continuare a passeggiare sulla rena. «Entro il 2022 sarà pronta la nuova struttura affacciata sul lago – aggiunge il gm – Avrà 35 camere, biopiscina, due campi da paddle e un rooftop mozzafiato».

La provincia di Latina nasconde alcuni gioielli naturalistici, oltre il promontorio del Circeo. Come il giardino inglese di Torrecchia Vecchia, due ettari di alberi, aiuole e fiori senza tempo.

Per arrivarci bisogna raggiungere i Castelli romani, direzione Cori, e seguire la strada sterrata che conduce ai resti di un antico insediamento dei Volsci. Superata l’entrata del castello, si viene investiti da un’esplosione di glicini, ortensie, anemoni del Giappone, un percorso tra oltre 900 tipologie di piante e cascate di acqua, uno stagno e la cappella di Santa Maria di Torrecchia. Ogni angolo è stato progettato da Lauro Marchetti, curatore dei giardini di Ninfa, e poi sviluppato dal paesaggista inglese Dan Pearson. Il risultato è un posto incantato dove nel 1991 il principe Carlo Caracciolo e la moglie Violante Visconti chiesero a Gae Aulenti di trasformare il vecchio granaio in una elegante villa. Una scoperta continua.

Il Casale del Giglio e i miracoli dell’uva
Siamo sulle colline di Casale del Giglio, azienda vinicola che nel Lazio è un’istituzione. Per Antonio Santarelli, attuale proprietario, quella era la tenuta di famiglia dove da bimbo trascorreva i weekend, finché con il padre Dino decise che quei terreni bonificati dell’agro pontino potevano ospitare la coltivazione di ben 57 tipi di uva. «Oggi proliferano viti su 180 ettari di terreno, dal tufaceo al vulcanico, al sabbioso. La produzione è di 1 milione di bottiglie», racconta Linda Siddera, responsabile visite alla cantina. A garantire la qualità del nettare, che riposa persino in anfore di terracotta, c’è ancora l’enologo che oltre 25 anni fa cominciò l’avventura: Paolo Tiefenthaler. «Negli anni – racconta – abbiamo continuato a sperimentare. Ora abbiamo avviato collaborazioni per produrre biancolella a Ponza e bellone tra Anzio e Nettuno».

L'Autore

Serena Martucci
Serena Martucci

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