Incognita carte di credito:
arriva il Manifesto delle agenzie

19 Settembre 07:00 2018 Stampa questo articolo

Nel sempre più difficile rapporto compagnie aeree-agenzie di viaggi scende in campo la World Travel Agents Association Alliance (Wtaaa) con una sorta di Manifesto, pubblicato la scorsa settimana, nel quale si lancia un appello a Iata e a tutti i vettori sul tema delle carte di credito, affinché si apra al più presto un dialogo costruttivo nel reciproco rispetto delle marginalità.

La lettera pubblica si apre con la constatazione che, nel mondo della distribuzione turistica, l’accettazione dei pagamenti con carta viene considerato da tutte le compagnie un “costo”. Da qui il muro eretto da molti vettori di linea. Un atteggiamento di chiusura nei confronti di questo tipo di pagamento che, secondo l’associazione, sbilancia i rapporti tra linee aeree e adv a sfavore di questi ultimi.

«Bisogna riconoscere i benefici che le carte generano alla catena di valore dei viaggi organizzati, come la riduzione dei rischi, nuove opportunità di vendite, minori costi per le agenzie e velocità di liquidazione», spiega lo stesso direttore della Wtaaa, Jayson Westbury, a cui abbiamo chiesto i dettagli sulla “mossa” compiuta dall’associazione. «Iata, le compagnie aeree e gli agenti di viaggi hanno avviato da tempo un dialogo a distanza – ricorda – Da qui lo sviluppo della NewGen Iss nell’ambito della Risoluzione 812. Vale la pena ricordare che l’utilizzo delle carte di credito è una prassi operativa consentita nel Bsp, tuttavia richiede un accordo bilaterale tra la singola compagnia aerea e ogni agenzia. Dopo i fallimenti di compagnie aeree negli ultimi anni, la questione è tornata alla ribalta e Iata ha manifestato la volontà di affrontarla seriamente. Tuttavia non abbiamo idea di quando e se la questione verrà portata a termine e quando sarà inserita in una futura modifica del programma Iata Bsp».

Sulla questione abbiamo interpellato anche Ernesto Mazzi, presidente di Fiavet Lazio ed esperto di trasporto aereo, con una lunga esperienza nei tavoli tecnici con Iata: «Le paure dei vettori – chiarisce – sono concentrate, in realtà, sull’uso sempre più frequente delle carte virtuali, ma anche in questo caso le compagnie aeree non devono sottovalutare il peso specifico delle agenzie di viaggi in termini di vendite. C’è da aggiungere, comunque, che l’introduzione del NewGen Iss e le regole trasparency di Iata mirano proprio a fare evolvere l’approccio alle diverse modalità di pagamento. Un’operazione che in Italia vedrà i primi effetti solo dal prossimo anno, ma è bene parlarne subito. Non possiamo e non dobbiamo aspettare che il caso riesploda per farci sentire. A luglio scorso, una circolare Iata prospettava una soluzione attraverso un sistema di carte prepagate, con pagamento anticipato: potrebbe essere interessante se, con l’adozione di questo modello, si rivedessero le regole delle fideiussioni, riconoscendo parametri meno pesanti per le adv».

C’è poi un altro problema che Mazzi giudica «dormiente», che vale la pena sempre ricordare: «Il vergognoso livello delle commissioni, arrivate ormai allo 0,10. Una presa in giro, un’autentica beffa per l’agente di viaggi che è parte attiva nel business della biglietteria aerea. Così come è scandaloso l’atteggiamento di Air Europa, giustamente denunciato da Fto per la decisione unilaterale di fissare dei diritti adm. Bene, sia per le carte di credito che per le commissioni e la questione adm, facciamo funzionare l’Apjc, quell’organismo nel quale Iata, vettori e adv possono e devono trovare la soluzione più equilibrata nel rispetto del lavoro di tutti».

Un appello perfettamente in linea con le conclusioni del Manifesto della Wtaaa, che ricorda come le frodi legate alle carte di credito non danneggiano solo i vettori, ma incidono per l’1,5% anche sul fatturato delle agenzie. La mancanza di dialogo tra vettori e adv – sostiene l’associazione – non porta da nessuna parte e, se è vero che negli ultimi cinque anni le perdite derivanti dalla chiusura di migliaia di agenzie in tutto il mondo sono state pari al Pil del Buthan (2,3 miliardi di euro), è altrettanto vero che i fallimenti di molte compagnie aeree, dal 2010 ad oggi, hanno determinato un costo pari a 1,5 volte il Pil del Lussemburgo (85 miliardi di euro).

In altre parole, rinfacciarsi la debolezza dei rispettivi sistemi non serve a nessuna delle parti. Molto meglio aprire un dialogo e confrontarsi, per trovare una soluzione ottimale che salvaguardi il business di entrambi gli attori del sistema distributivo.

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Andrea Lovelock
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