Il turismo conta le vittime:
chiuse 4mila imprese

Il turismo conta le vittime: <br>chiuse 4mila imprese
21 Febbraio 10:27 2022 Stampa questo articolo

Impatto delle restrizioni, caro bollette – su cui il governo ha appena varato un decreto – incoming ancora debole, outgoing traballante. Il premier Mario Draghi è tornato, venerdì, a parlare di ristori all’industria turistica, sottolineando come il compito dell’esecutivo non sia ancora concluso. Nonostante ora si vada nella direzione delle riaperture, «il settore del turismo», ha detto in conferenza stampa, «è ancora in sofferenza, in particolare gli alberghi delle grandi città, dove il turismo non ha ripreso. Abbiamo in mente tante cose, il nostro compito non è finito».

Una prospettiva che conforta chi ancora lotta, ma certamente non consola le tante, troppe imprese, che hanno già dovuto sospendere la propria attività. Una calcolo in questo senso arriva da Assoturismo Confesercenti: nel solo 2021 – rileva l’associazione – hanno cessato l’attività 4.116 imprese della ricettività e dei servizi turistici, il dato peggiore degli ultimi cinque anni. Un’accelerazione delle chiusure che non è stata compensata da nuove aperture: in dodici mesi sono nate solo 1.916 nuove imprese turistiche, per un saldo negativo di -2.200 aziende.

tabella2 assoturismoTale calcolo include le imprese della ricettività (alberghi, ostelli, rifugi alpini, affittacamere e case vacanze non occasionali, campeggi) e dei servizi turistici (agenzie di viaggi, tour operator, servizi di biglietteria, guide e accompagnatori turistici). In totale, nei due anni del Covid, si è registrata una perdita di oltre 4mila attività (-2.200 nel 2021 e -1.814 nel 2020), oltre sei volte il biennio precedente.

In termini assoluti, come dimostra il “caso Roma”, l’emorragia più consistente è quella della ricettività: nel 2021 il saldo tra aperture e chiusure per alberghi e simili è negativo per -1.356 imprese. Ma peggiora anche il bilancio dei servizi turistici, che nel 2021 segna un saldo di -844 imprese: nel 2019, l’anno prima della crisi, il bilancio tra aperture e chiusure era stato di -366. Un crollo dovuto anche all’assenza totale di sostegni per questi comparti nell’anno appena concluso, dopo un primo – e unico – intervento nel 2020.

tabella3

Guardando ai territori, a soffrire nel 2021 sono soprattutto le regioni del centro, con un saldo negativo di -1.290 imprese. Pesa la crisi della Capitale e del Lazio, che tra il crollo del turismo estero e l’azzeramento pressoché totale di quello legato al lavoro e agli eventi, perde oltre mille imprese. Ma segnali di forte sofferenza arrivano anche dal nord-est (-447 imprese) e dal nord-ovest (-285). In quest’ultima area, pesa il risultato della Lombardia (-158 imprese), che, come il Lazio, soffre lo stop dell’economia turistica legata a eventi e lavoro. Più resilienti, invece, sud e isole, forti del turismo balneare, che perdono solo -114 e -64 attività, grazie anche al bilancio stabile tra aperture e chiusure della Sardegna. Ma tra le regioni, l’unica crescita si registra in Valle d’Aosta (+5).

«Le analisi confermano una crisi che non dà segni di rallentamento. Le chiusure hanno accelerato anche nel 2021, battendo il già pessimo risultato del 2020 – commenta Vittorio Messina, presidente nazionale di Assoturismo – Anche il 2022 non si è aperto sotto i migliori auspici: la quarta ondata ha cancellato gennaio e febbraio, e la primavera è partita piano: l’80% delle camere disponibili per marzo è ancora senza prenotazione. A pesare, in un mese senza Pasqua, è senz’altro il blocco degli eventi e dei viaggi di lavoro; ma anche la domanda estera è sotto le attese».

«Servono sostegni più incisivi, o le chiusure accelereranno ancora. Salvate le imprese», è il grido del settore, che sollecita anche a «lavorare sul riavvio. Chi arriva ultimo alla riapertura ha perso: per questo servono già ora regole chiare sulle modalità della ripartenza della mobilità turistica, a partire da eventuali obblighi (come quello sul green pass, ndr), che dovranno essere in linea nei tempi e nei modi con il resto d’Europa. In questo quadro, serve un investimento straordinario nel marketing: dobbiamo promuovere meglio e di più all’estero la destinazione Italia, tra le più desiderate e, in questo momento, sicure del mondo. I nostri competitor lo stanno già facendo», conclude Vittorio Messina.

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