Iata, frena la crescita del trasporto aereo

04 Luglio 15:58 2019 Stampa questo articolo

Traffico in crescita, ma a ritmo contenuto, nel trasporto aereo nel mese di maggio. È quanto emerge dal report Iata che certifica un incremento del 4,5% dell’Rpk (revenue passenger kilometers) rispetto allo stesso mese del 2018.
Un risultato in linea con l’aumento del 4,4% registrato ad aprile, mentre a marzo la crescita calcolata era stata del 3,1%. Si tratta di un dato, certamente positivo, ma più basso rispetto alla media del +5,5% degli ultimi vent’anni.
La capacità (Ask – available seat kilometers) è invece aumentata di un modesto 2,7%, mentre il load factor è salito all’81,5% superando l’80,1% registrato lo scorso anno (+1,4%).

«La crescita della domanda dei passeggeri è rallentata rispetto agli ultimi due anni. Un dato in linea con il calo del commercio globale, l’aumento delle tensioni commerciali e l’indebolimento della fiducia delle imprese. In questo difficile contesto, le compagnie aeree stanno gestendo attentamente la capacità allo scopo di ottimizzare l’efficienza», ha dichiarato Alexandre de Juniac, direttore generale e amministratore delegato di Iata.

Guardando al traffico internazionale, la domanda è cresciuta del 4,3% rispetto allo stesso mese del 2018, in calo rispetto alla crescita del 5,1% di aprile.

A livello geografico, tutte le regioni hanno registrato un incremento, guidato dalle compagnie aeree dell’America Latina. La capacità totale è aumentata del 2,1%, con il load factor salito di 1,7 punti percentuali all’80,4%.

Le compagnie europee hanno visto a maggio un aumento della domanda del 5,4%, più contenuto rispetto al +7,7% di aprile. La capacità è cresciuta del 4,6%, mentre il load factor è salito all’84,2% (+0,7%), il più alto tra tutte le regioni.

Più 4%, invece, per i vettori dell’Asia-Pacifico, con un miglioramento dunque della domanda rispetto al +2,9% del mese precedente. In crescita del 3% la capacità con un load factor pari al 78,6% (+0,8%). Seppur si tratti del secondo aumento mensile consecutivo, questo rappresenta comunque un risultato “morbido” in una regione che ha registrato regolarmente tassi di crescita a due cifre negli ultimi anni. È evidente, infatto, che le tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina continuino a pesare sulla crescita nella regione.

Le compagnie del Medio Oriente registrano, invece, una frenata. Secondo Iata, la domanda a maggio è calata dello 0,8%, colpa dei cambiamenti strutturali in corso nel settore nella regione. Diminuita anche la capacità (-6,1), mentre il fattore di carico è salito al 73% (+5%).

Bene i vettori del Nord America con un traffico in crescita del 4,8% a maggio, comunque più basso rispetto al +5,6% di aprile. In aumento del 2,7% la capacità con un load factor medio dell’83,6% (+1,7%)

Forte aumento sul fronte delle compagnie latinoamericane: a maggio traffico a +6,7%, nonostante le difficoltà economiche di molti Paesi dell’area. Bene anche la capacità cresciuta del 4% e il load factor in avanti del 2,1% con una media dell’84%.

Numeri in progresso anche in Africa: +2,1% il traffic di maggio, capacità a +0,1% e load factor al 67% (+1,3%). Tutto merito dell’espansione dei collegamenti con l’Europa che ha bilanciato il contraccolpo sulla domanda aerea provocato dal rallentamento dell’economia del Sudafrica.

Sul fronte domestico, invece, il vero exploit lo registra la Russia con il +10,6% della domanda, unico incremento a due cifre nel trasporto aereo. Questo perché la Federazione continua a beneficiare di condizioni economiche favorevoli e di tariffe aeree più basse. Molto bene anche il Giappone, dove il traffico è cresciuto del 6,6%, la performance migliore dall’estate 2017, merito delle tariffe stimolanti e della robusta crescita economica del Paese.

Commentando i dati, de Juniac fa una riflessione sull’importanza della «libertà» e dei «confini aperti» nell’ambito del trasporto aereo. «Nelle ultime settimane – ricorda – abbiamo assistito a estese chiusure dello spazio aereo a causa di tensioni politiche. Queste chiusure hanno contribuito a percorsi più lunghi e meno efficienti, a costi operativi più elevati e a maggiori emissioni di carbonio. È fondamentale che i governi lavorino per ridurre al minimo le chiusure».

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