Iata, appello all’Ue: “Validità richiami per i vaccini a 12 mesi”

Iata, appello all’Ue: “Validità richiami per i vaccini a 12 mesi”
30 Novembre 12:51 2021 Stampa questo articolo

Tempistiche e modalità omogenee e condivise tra tutti i Paesi dell’Unione Europea e revisione del periodo di validità per i richiami del vaccino da 9 a 12 mesi: è il nuovo appello di Iata all’indomani della quarta ondata che sta interessando quasi tutti i Paesi europei. In buona sostanza, l’International Air Transport Association ha chiesto cautela in risposta a una raccomandazione della Commissione europea secondo cui il certificato digitale Covid (Dcc) dell’Ue dovrebbe rimanere valido solo fino a 9 mesi dopo la seconda dose di vaccinazione, a meno che non venga somministrato un richiamo.

«Il Dcc dell’Ue – ha infatti sottolineato Rafael Schvartzman, vicepresidente regionale Iata per l’Europa – è un grande successo per favorire un approccio comune a livello continentale della gestione della crisi sanitaria Covid-19 e nel facilitare la libertà delle persone di viaggiare di nuovo. È soprattutto alla base di una sia pur fragile ripresa nel settore dei viaggi e del turismo. Ed è quindi fondamentale che qualsiasi modifica abbia un approccio congiunto che riconosca l’impatto delle politiche divergenti dei singoli Stati membri e promuova un’ulteriore armonizzazione in tutta Europa».

Il punto critico rilevato da Iata è la validità del vaccino e il requisito per i richiami e le terze dosi. Se è vero che quando l’immunità offerta dalla vaccinazione svanisce, vengono sempre più offerti vaccini di richiamo per estendere e rafforzare la risposta immunitaria delle persone, è altrettanto vero che se le vaccinazioni di richiamo sono obbligatorie per mantenere la validità del Dcc, è fondamentale che gli Stati armonizzino il loro approccio al periodo di tempo consentito tra il momento della vaccinazione completa e la somministrazione della dose aggiuntiva. I nove mesi proposti dalla Commissione potrebbero essere insufficienti. Sarebbe meglio ritardare questo requisito fino a quando tutti gli Stati non offriranno vaccini di richiamo a tutti i cittadini e per una validità di 12 mesi, per dare più tempo alle persone per accedere a una dose di richiamo, considerando i diversi approcci nazionali di vaccinazione adottati.

La proposta, infatti, di gestire le limitazioni alla validità del Dcc crea molti potenziali problemi: le persone che hanno ricevuto il vaccino prima di marzo, inclusi molti operatori sanitari, dovranno avere accesso a un richiamo entro l’11 gennaio o potrebbero non essere in grado di viaggiare. E allora, secondo Iata, sorgono diversi interrogativi: gli Stati dell’Ue concorderanno un periodo di tempo standardizzato? Come sarà armonizzato il requisito con i tanti Stati che hanno sviluppato pass Covid reciprocamente riconosciuti dall’Ue?

«Inoltre – osserva Schvartzman – l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) ha affermato che i richiami dovrebbero essere prioritari per i gruppi vulnerabili. In tutto il mondo il programma vaccinale ha ancora molta strada da fare, soprattutto in molti Stati in via di sviluppo e l’obiettivo dovrebbe essere quello di garantire l’equità del vaccino. Dato che la maggior parte dei viaggiatori aerei non fa parte dei gruppi più vulnerabili, consentire un periodo di 12 mesi prima che sia necessario un richiamo sarebbe un approccio più pratico per i viaggiatori e un approccio più equo per l’equità del vaccino».

Un ulteriore elemento di preoccupazione è la raccomandazione della Commissione secondo cui i viaggiatori vaccinati con un vaccino non approvato dall’UE dovrebbero presentare un test Pcr pre partenza negativo. Ciò scoraggerà i viaggi da molte parti del mondo, dove i tassi di infezione sono bassi, ma la popolazione è stata vaccinata con vaccini approvati dall’Oms che devono ancora ottenere l’approvazione normativa nell’Ue.

«I governi dovrebbero dare priorità a politiche semplici, prevedibili e pratiche al fine di garantire che i passeggeri riacquistino fiducia nei viaggi e la fiducia delle compagnie aeree nella riapertura delle rotte – conclude – Il Centro Europeo per il controllo delle malattie è esplicito nel suo ultimo rapporto sui rischi, evidenziando come sia improbabile che le restrizioni di viaggio abbiano un impatto importante sui tempi o sull’intensità delle epidemie locali. Apprezziamo che le autorità debbano rimanere vigili, ma discriminare tra i vaccini che sono stati approvati dall’Oms è uno spreco di risorse e un inutile ostacolo alla libertà di viaggiare delle persone».

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