Gli inganni degli aiuti statali: lettera al premier di Alessio Virgili

Gli inganni degli aiuti statali: lettera al premier di Alessio Virgili
29 Settembre 07:00 2020 Stampa questo articolo

“Si può fare di più”: è il titolo di apertura di questa settimana del nostro giornale. Un’edizione che affronta il tema delle falle dei decreti cosiddetti “salva-turismo”: una gimcana di ritardi, esclusioni e occasioni perse. Su questo tema, riceviamo e pubblichiamo la lettera al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, inviata da Alessio Virgili, ceo di Sonders World. Un’impresa leader nel turismo per il segmento Lgbt+ che, come molte altre, ha pagato e paga le conseguenze di queste falle.

Egregio Premier Conte,
sono un imprenditore del turismo da 17 anni fondatore del Gruppo Sonders Word. Sono partito dal nulla quando avevo 16 anni, insieme al mio compagno, Andrea Cosimi. Eravamo due ragazzi di 18 e 21 anni. Abbiamo percorso a piedi chilometri tutti i giorni per mesi perché non potevamo spendere nemmeno i soldi per un biglietto della metro e abbiamo spesso pranzato con un euro. Della Milano “da bere” abbiamo conosciuto poco, ma è lì che abbiamo aperto il nostro primo conto aziendale per la Sonders Hotels, società di outsourcing alberghiero. Dopo due anni, forti dei risultati che con fatica avevamo raggiunto, abbiamo deciso di tornare nella nostra città natale, Roma, per aprire la nostra agenzia di viaggi. Un anno per aprire, uno scontro atroce con la burocrazia, e non ci saremmo riusciti se non fosse stato per pietà di un pubblico funzionario che ci ha visto portare avanti e indietro documenti ogni giorno. Intanto il finanziamento che avevamo richiesto per l’avvio dell’attività era stato speso per pagare le spese utili all’ottenimento della licenza.

Da allora in avanti la burocrazia è stata un calvario, ma in ogni caso l’agenzia è divenuta presto il primo tour operator Lgbt+ italiano: Quiiky. Fino alla pandemia. Questo era l’anno in cui avevamo conquistato la Convention mondiale dell’Iglta (Associazione Internazionale del turismo Lgbtq+). Uno impegno immenso, con associazioni, istituzioni, imprese, andato in fumo. Un traguardo che con fatica avevamo raggiunto di colpo veniva spazzato via.

Tra preoccupazioni ed incertezze per il futuro ci siamo da subito stretti attorno ai nostri collaboratori cercando di ammortizzare l’onda d’urto che stavamo subendo e al contempo salvaguardare dal punto di vista finanziario l’azienda al fine di garantirne la sopravvivenza. Quando un’azienda è piccola ci si conosce tutti, e le persone non sono numeri.

Di colpo ci siamo trovati a fatturato zero e ricavi da dover restituire a causa di servizi cancellati. Abbiamo scelto comunque di tenere duro e mantenere il nostro staff operativo, tagliando dapprima i nostri compensi, tentando di congelare le spese.

Ci siamo attivati per richiedere da subito la cassa integrazione per le oltre 49 persone dislocate in tutta Italia che gravitano su Sonders Hotels, e altre 5 impegnate per Quiiky e i nostri altri brand di Sonders World a Milano. Siamo stati convocati dai sindacati per valutare la nostra richiesta.

Abbiamo speso oltre 2.000 euro per farci aiutare dal consulente del lavoro per adempiere alle pratiche necessarie alla richiesta. Ben tre iter completamente diversi sono stati necessari per richiedere la cassa integrazione perché cambiavano in base alla Regione di appartenenza o al tipo di inquadramento contrattuale. Addirittura nel Lazio i collaboratori sono stati obbligati dall’Inps ad aprire un conto alle Poste per avere il denaro. Ciò nonostante da marzo a settembre la maggior parte di loro (30 persone) non ha ricevuto nulla. Questo naturalmente pone me e la mia azienda in forte disagio e in cattiva luce, perché gli unici interlocutori siamo noi. L’Inps lavora in smart working e il call center non riesce a dare le informazioni corrette. All’inizio abbiamo anticipato noi la cassa integrazione in alcuni casi, poi non è stato più possibile.

Personalmente da marzo ad oggi il mio lavoro è stato restare aggiornato sui vari provvedimenti statali, regionali e comunali volti a dare sostegno alle imprese.

Abbiamo messo in sicurezza finanziaria l’azienda grazie a fornitori o proprietari degli immobili in cui abbiamo gli uffici che, diversamente dallo Stato, e pur essendo anche loro in difficoltà, ci hanno aiutato rivedendo termini di pagamento, fatture e canoni d’affitto.

Nel frattempo abbiamo partecipato ad almeno 10 bandi di diverse Regioni in cui abbiamo sede. Tutti vinti in Lombardia, nessuno nel Lazio, dove le procedure di accesso erano veramente molto farraginose. Mi fa male da romano dirlo, ma è necessario che in questo Paese le imprese abbiamo le stesse possibilità ovunque. Se a Milano mando un’email per informazioni alla Camera di Commercio o alla Regione o al Comune, dopo dieci minuti, ricevo subito risposta. Perché questo non può accadere nel Lazio?

Potrebbe dirmi che non dipendono da lei le Regioni, vengo quindi all’aiuto del governo.

Il primo provvedimento sul fondo perduto ha significato per noi 2.000 euro. Siamo un’azienda del turismo che fattura oltre 1 milione l’anno e abbiamo proiezioni di chiusura a 300.000 euro nel 2020. Siamo al centro della vita di molte famiglie: 2.000 euro non bastano. Chi li ha erogati non se ne rende conto perché il conteggio è stato fatto su mensilità di bassa stagione che nel turismo hanno un’escursione finanziaria completamente diversa da ogni altra impresa.

Quando è stato capito questo, il Mibact ha stanziato per l’intero mondo del turismo 25 milioni. Se immaginate un mondo in cui io sono la più piccola delle Pmi e fatturo 1 milione, vi rendete conto che ripartire questa cifra da una compagnia di crociera alla guida turistica diventava impossibile. Dopo varie proteste il 14 agosto il Mibact ha annunciato l’incremento del fondo di 225 milioni e facendoci sapere che entro 5 giorni avrebbe pubblicato l’avviso con le istruzioni per richiedere il contributo a fondo perduto. Abbiamo aspettato oltre un mese, non 5 giorni, e in una situazione insostenibile. Alla pubblicazione è stato precisato che le somme corrisposte potranno essere inferiori a quelle che il sistema ha calcolato qualora non bastassero i fondi. Tutti sappiamo che i fondi non basteranno. Non è un’affermazione campata in aria, perché a marzo con il dl Cura Italia è stato creato il credito d’imposta per le spese di sanificazione pari al 50% con un tetto max per azienda di 50.000 euro. Con il dl Rilancio la percentuale è salita al 60% per un max di 60.000 euro. Fiduciosi abbiamo affrontato le spese per la messa in sicurezza dei luoghi di lavoro, secondo le imposizioni del governo. Fiduciosi abbiamo investito circa 18.000 euro. A settembre era nostra intenzione utilizzare il fondo in compensazione nell’F24 in cui bisogna pagare le tasse sospese durante la pandemia. Invece una circolare dell’Agenzia delle Entrate ci ha informato che per carenza fondi rispetto al numero di richieste ricevute la percentuale di credito d’imposta scendeva dal 60% al 9%.

Lo Stato è un Moloch che dopo tante peripezie ci sta dicendo “mi dispiace abbiamo finito tutto”, sbriciolando tutte le nostre possibilità di reinvestire. Un sistema che realizza norme supponendo che tutti gli italiani siano in malafede, facendone pagare le spese alla stragrande maggioranza che è corretta.

Infine vorrei parlare di “liquidità”. Numerosi provvedimenti obbligano alla transazione bancaria. Le banche che dovrebbero tenere conto della garanzia statale si riservano sempre una valutazione e conseguente delibera, secondo tempi biblici. Questo perché, in una fase d’emergenza come questa, dove le banche non corrono alcun rischio, non è stato imposto loro di erogare tali fondi con certezza secondo una ragionevole tempistica.

Aggiungo che penso di aver costruito con la mia gioventù, con chi ha creduto nel mio progetto, con il mio impegno, un’economia che in Italia non esisteva, una cosiddetta “nicchia” riconosciutami a livello internazionale come valore. Ho creato il tour operating del turismo gay, portato questa apertura economica e mentale dal mondo in Italia. Ho insegnato e formato al rispetto della diversità, per il bene economico e sociale del Paese. Sempre ho cercato di mediare e comprendere. Presiedo due associazioni in Italia (Iglta e Aitgl) che ripongono fiducia in me. Molti mi hanno seguito e ora dipendono da me, dalle scelte che compio. Per questo una percentuale che passa dal 60 a 9% cambia moltissimo: può essere una persona di meno, un investimento di meno, qualcosa che cade, si tronca, per non rinascere più.   

Alessio Virgili
ceo Sonders World
presidente Aitgl e Iglta

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