Fiere nel mondo, giro d’affari da 275 miliardi di euro

Fiere nel mondo, giro d’affari da 275 miliardi di euro
06 Febbraio 07:00 2020 Stampa questo articolo

Il volano fieristico, in barba alla rivoluzione digitale e alle relazioni virtuali, funziona ancora alla grande e le cifre parlano da sole: nel 2018 oltre 4,5 milioni di aziende hanno preso parte a fiere nel mondo per un totale di 303 milioni di visitatori (solo in Europa i partecipanti sono stati 112 milioni e circa 1,3 milioni gli espositori), per un impatto economico valutato intorno ai 275 miliardi di euro, contribuendo per circa 167 miliardi al Pil mondiale.

Sono i numeri resi noti dai vertici di Ufi, Global Association of Exhibition Industry, che rappresenta da sola circa 800 organizzatori di 86 Paesi nel mondo, in occasione della presentazione dell’Ufi Global Ceo Summit che si terrà a Roma fino al 7 febbraio, con la partecipazione di 100 selezionati leader del settore fieristico.

«Un evento che ci inorgoglisce – ha detto l’amministratore unico e direttore generale di Fiera Roma, Pietro Piccinetti – perchè è la riprova del forte appeal che può vantare Roma nella meeting industry e nel settore fieristico in generale. Le fiere creano posti di lavoro, generano business e sono il marketplace ideale per creare connessioni, generare ricchezza, conoscenza e know how».

E di questo il nostro Paese ne beneficia in modo molto evidente: attualmente l’exhibition industry in Italia si avvale di 43 poli fieristici per un totale di 2,3 milioni di metri quadrati espositivi, che hanno ospitato 913 manifestazioni di cui oltre 200 di richiamo internazionale, con circa 200mila espositori e un totale di 22 milioni di visitatori, di cui 13 milioni per gli eventi internazionali, generando un volume d’affari di circa 60 miliardi di euro, dando origine a quasi il 50% del nostro export. Con questi numeri l’Italia occupa saldamente la quarta posizione nel ranking dei Paesi-sede di fiere, dopo Usa, Cina e Germania.

«Se l’Europa rappresenta il mercato più internazionale per le fiere mondiali – ha commentato il presidente di Ufi, Mary Larkin – l’Italia ne è sicuramente una componente essenziale e sono sicura che a seguito del nostro evento nella vostra Capitale, che raggruppa i più influenti decision maker del sistema fieristico mondiale, sarà un utile momento di confronto e condivisione delle strategie per mantenere alte le perfomance del settore».

Anche per Kai Hattendorf, amministratore delegato Ufi, pensa che «la scelta di Roma deriva dai forti legami tra l’Italia e l’Ufi, come dimostra il nostro congresso mondiale del 2015 tenutosi a Milano. Oggi poi il vostro Paese rivive un “Rinascimento” fieristico-congressuale di buon auspicio per il futuro. E nel corso del Global Ceo Summit avremo modo di condividere i plus e le criticità delle destinazioni fieristiche in un costruttivo confronto tra organizzatori, per evolvere sempre di più un segmento che, nonostante l’avvento  della digitalizzazione, conserva ancora intatte le valenze legate alle relazioni umane, al confronto e incontro fisico tra buyer e seller».

Attestati di stima e fiducia che il presidente del Convention Bureau di Roma e Lazio, Onorio Rebecchini, raccoglie con soddisfazione ricordando che «abbiamo già dato prova nel recente passato di organizzare al meglio fiere e il loro successo dipende molto dalla prospettiva unitaria in cui la città e il territorio possono rappresentare una grande offerta di rete. E il nostro organismo, dal 2017 ad oggi, ha generato sul territorio eventi per 15 milioni di euro di fatturato, con positive ricadute su tutto l’indotto. I nostri settori di riferimento sono il farmaceutico (49% di share) e quello della tecnologia (22%), e abbiamo ancora tante potenzialità da esprimere e tradurre in concreti contributi alla filiera turistico-ricettiva».

Infine un flash sulla situazione in Cina, secondo player fieristico nel mondo: Larkin non ha nascosto le preoccupazioni per l’effetto coronavirus che inevitabilmente si ripercuoteranno sul settore turistico e su quello fieristico, ma l’orientamento degli organizzatori cinesi è quello di rinviare e non cancellare eventi fieristici che erano in programma in febbraio e marzo. Un segnale di coraggiosa voglia di mantenere comunque una posizione di rilievo nella meeting industry alla quale Ufi risponde con forti segnali di solidarietà per un immenso paese colpito duramente da una emergenza sanitaria che sta incidendo molto anche sulla situazione economica cinese e internazionale in genere.

L'Autore

Andrea Lovelock
Andrea Lovelock

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