Federalberghi contro la shadow economy: quattro bugie e 5 buoni esempi

15 Maggio 10:20 2017 Stampa questo articolo

Nuovo affondo di Federalberghi sulla shadow economy, questa volta ancora con più dati alla mano. «Il sommerso nel turismo ha superato il livello di guardia, determinando gravi conseguenze per i consumatori, per la collettività e per il mercato». Lo ha dichiarato il presidente di Federalberghi, Bernabò Bocca, sabato scorso a Rapallo, in occasione della 67ª Assemblea della federazione, presentando anche i risultati di un monitoraggio realizzato con l’ausilio della società Incipit Consulting,

Secondo la ricerca, ad aprile erano disponibili su Airbnb 214.483 alloggi italiani, mentre le strutture di natura analoga (appartamenti in affitto e bed and breakfast) censite dall’Istat sono 103.459.

“Si può pertanto certificare ufficialmente – si legge in una nota dell’associazione – l’esistenza di almeno 110mila alloggi che sfuggono a ogni controllo. Tra le città italiane maggiormente interessate dal fenomeno troviamo Roma con 25.743 case, Milano con 14.523, Firenze con 6.992 e Venezia con 5.973.

Per quanto riguarda le regioni, la pole position spetta alla Toscana, con 34.595 alloggi, seguita dal Lazio con 32.663, dalla Lombardia, con 25.148 e dalla Sicilia con 23.020.

«Il fenomeno – ha sottolineato Bocca – danneggia tanto le imprese turistiche tradizionali quanto coloro che gestiscono in modo corretto le nuove forme di accoglienza. Entrambe le categorie sono esasperate dal dilagare della concorrenza sleale che inquina il mercato».

Federalberghi punta anche il dito contro “quattro grandi bugie”. E rileva: “Non è vero che si tratta di attività occasionali. La maggior parte degli annunci (il 76,3%) si riferisce ad alloggi disponibili per oltre sei mesi l’anno. Non è vero che si tratta di piccoli redditi. Oltre la metà degli annunci (il 56,77%) sono pubblicati da persone che amministrano più alloggi. Non è vero che si condivide l’esperienza con il titolare. La maggior parte degli annunci (il 70,6%) si riferisce all’affitto di interi appartamenti, in cui non abita nessuno. Non è vero che le nuove formule tendono a svilupparsi dove c’è carenza di offerta”.

Federalberghi cita anche cinque buoni esempi da imitare. Il primo è Amsterdam, dove gli appartamenti privati possono essere affittati per non più di 60 giorni all’anno e non possono ospitare più di quattro persone per volta. Poi Barcellona, dove chi vuole affittare il proprio appartamento per periodi brevi deve chiedere una licenza, così come a Berlino. E ancora Bruxelles, dove può affittare casa per meno di 90 giorni solo chi rispetta una serie di requisiti rigidissimi e solo con il consenso di tutti i condomini del palazzo. Infine Parigi, dove i proprietari degli immobili affittati per brevi periodi devono iscriversi in un registro pubblico, dichiarando le proprie generalità, l’indirizzo e le caratteristiche dell’alloggio.

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