Galietti (Clia): «Cosa frena le crociere in Italia»

10 Ottobre 07:00 2017 Stampa questo articolo

Sostenibilità e crociere. E i progetti futuri di un’associazione che riunisce 62 compagnie nel mondo e 28 solo in Europa, con un occhio particolare alla situazione dell’industria in Italia, dove Clia è da sempre impegnata in prima persona. «Ottobre è stato scelto come mese della crocieristica, con tutte le branch di Clia impegnate a diffondere informazioni», dice Francesco Galietti, direttore Clia Italia, tracciando il quadro di un settore che nel mondo sembra non conoscere flessioni. Entro il 2022, infatti, entreranno in esercizio 70 nuove navi oceaniche, 18 di queste entro il 2018, con un investimento di 48 miliardi di dollari. Ma in Italia una frenata, a quanto pare, c’è stata.

Le principali difficoltà del settore nel nostro Paese?
«Nel 2017 sono stati persi più di 800mila crocieristi nei porti italiani. Una flessione che sconta i problemi infrastrutturali. Si pensi a Venezia, dove da 4 anni attendiamo una decisione sulle rotte alternative alla Giudecca, ragione per cui abbiamo proposto la soluzione del Canale Vittorio Emanuele, già verificata in quattro diverse simulazioni. Nella complessità del settore in Italia incide anche la riforma delle autorità portuali con le difficoltà che ogni cambiamento comporta. A questo si somma la criticità che colpisce tutto il turismo dell’area Mediterranea. Ciò detto, l’Italia resta un punto di riferimento imprescindibile per le crociere».

Quali sono i principali trend in atto a livello mondiale?
«Negli ultimi anni sta crescendo la scelta di mete finora meno popolari come il Baltico, l’Asia, ma altrettanto importante è l’esperienza di viaggio a bordo. Ormai le navi sono così sofisticate da apparire come contenitori esperienziali. Non solo alberghi galleggianti, quindi, ma veri e propri luoghi di intrattenimento continuo. I membri di una stessa famiglia, a bordo della stessa nave, possono trovare risposta a tante diverse esigenze. Negli ultimi anni è cresciuta la fascia dei millennial che scelgono le crociere, e si stanno affermando nuove tendenze, dal lusso alle mini-crociere».

Le crociere sono finite spesso sul banco degli imputati per scarsa sostenibilità.
«In realtà l’industria crocieristica è sostenibile sia sul piano ambientale che su quello turistico. I crocieristi corrispondono a una percentuale bassissima dei turisti in Italia. E si tratta di un turismo di qualità che sostiene la dimensione culturale e artistica delle città. I flussi generati dal crocierismo sono controllati e pianificati con largo anticipo e questo esclude che possano essere responsabili del sovraffollamento delle città d’arte. Questo tipo di turismo, pur impattando poco (a Venezia ad esempio è solo il 5% del totale), contribuisce notevolmente all’economia locale: un crocierista spende in media più di 100 euro al giorno, senza considerare il pernottamento prima della partenza».

E sul fronte ambientale?
«Le compagnie hanno già investito più di 1 miliardo di dollari per navi sempre più “verdi”, riducendo le emissioni e puntando su soluzioni ecologiche sia per le emissioni in aria che in acqua. Gli impegni richiesti alle compagnie iscritte a Clia sono spesso superiori a quelli richiesti dalle normative nazionali e internazionali. Buone pratiche che si sommano anche ad accordi volontari come il Blue Flag di Venezia».

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Giorgio Maggi
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