Caro petrolio, è finita la cuccagna dei voli low cost?

31 Maggio 16:21 2018 Stampa questo articolo

Fine della cuccagna nel trasporto aereo e c’era da aspettarselo. Con l’impennata del prezzo del petrolio, passato da 51 a 55 dollari a barile in pochi mesi, dopo i distributori di benzina per le auto, l’altro versante a rischio rincaro è quello delle tariffe aeree. Lo ha detto esplicitamente il ceo e direttore generale di Iata, Alexandre de Juniac, commentando i dati comunque lusinghieri del mese di aprile che certificano una crescita della domanda aerea del +6,2%. «Anche se la richiesta avanza a ritmi sostenuti, sarà improbabile attendersi ulteriori stimoli dall’andamento tariffario che risentirà inevitabilmente dell’aumento dei costi di carburante che dovranno sostenere le compagnie aeree», ha spiegato il numero uno dell’associazione.

Se poi verranno confermate le previsioni di Merryl Linch, che la scorsa settimana ha previsto il raggiungimento la soglia dei 60 dollari a barile entro fine anno, i biglietti aerei sono destinati a lievitare ancora. Una iattura per un mercato che negli ultimi anni ha mostrato ottime perfomance.

Intanto, ad aprile, la domanda si è comportata bene in alcune macro-regioni del mondo in particolare: in Asia-Pacifico è stata registrata una crescita del +8,5% con un load factor (indice di riempimento posti a bordo) a quota 81%;  anche in America Latina l’incremento è stato molto soddisfacente (+6,4%), così come nella regione africana (+5,1%). Meno esaltanti, invece, gli incrementi in Nord America (+0,9%), in Europa (+3,4%) e in Medio Oriente (+4,1%).

Infine, è cresciuta dell’8,5% la domanda per i voli domestici nel mondo, con aumenti record in Cina e in India superiori al 7,5%, a riprova di uno ottimo stato di salute e del crescente utilizzo del mezzo aereo da parte di milioni di cinesi e indiani delle classi medie.

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Andrea Lovelock
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