Il canto del cigno della parity rate

14 Luglio 11:38 2017 Stampa questo articolo

Con la prossima approvazione del ddl concorrenza da parte del Parlamento, il mondo del turismo si prepara a dire addio alla cosiddetta norma sulla parity rate. L’articolo 61 del provvedimento annulla qualsiasi contratto o patto che prevede l’obbligo per un hotel di non praticare un prezzo inferiore a quello offerto dalla stessa impresa sulle olta o i portali di prenotazione (Expedia e Booking.com in primis).

In parole povere, quindi, si profila una vittoria degli albergatori e delle loro associazioni di categoria che dell’abolizione della parity rate ne hanno fatto una battaglia campale.  Le strutture ricettive, quindi, potranno offrire sui propri siti tariffe più basse di quelle proposte sui portali online. Booking.com ed Expedia, però, fanno fronte comune e rimandano al mittente le accuse concentrandosi sui danni per la clientela finale.

Esulta, invece Federalberghi che, tramite il suo direttore generale Alessandro Nucara, annuiva che «Finalmente gli hotel potranno aumentare le vendite dirette e ridurre i costi di intermediazione derivanti da commissioni onerose, spesso superiori al 20 per cento. Una recente indagine della Commissione Europea ha dimostrato che nei Paesi in cui è stata vietata la parity il tasso di conversione delle olta non è diminuito, a conferma del fatto che la concorrenza fa bene a tutto il mercato».

Secondo quanto riporta Il Sole 24 Ore, Booking.com rivela che il danno maggiore «sarà per gli ospiti finali delle strutture, che invece proprio con Booking e con le altre piattaforme di prenotazione di strutture alberghiere hanno trovato nel corso degli anni vantaggi non solo tariffari, ma anche un servizio trasparente e recensioni rilasciate effettivamente da chi ha soggiornato nelle strutture».

Il management del portale di prenotazione del gruppo Priceline sottolineano, inoltre,  come l’abolizione della parity rate sia illegittima “in quanto contraria alla decisione dell’Antitrust Ue che aveva giudicato positivo il mantenimento della clausola di parità tariffaria”.

Stesso discorso per Expedia, che dichiara come l’articolo 61 incoraggi gli hotel a discriminare i viaggiatori. «Negli ultimi 20 anni abbiamo aiutato sia centinaia di migliaia di albergatori a competere con la concorrenza sia i viaggiatori a trovare questi hotel in modo rapido ed efficiente. Il risultato di questa attività ha portato alla creazione di un mercato dove gli albergatori sono in grado di ottenere visibilità in ogni angolo del mondo ed è importante sottolineare che gli albergatori pagano per questa visibilità solo e soltanto nel caso in cui avvenga una prenotazione su uno dei nostri siti».

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