«Basta frottole sulle crociere»
La stoccata di Tom Fecke

by Gabriele Simmini | 3 Ottobre 2017 10:04

Quindici anni di crescita costante per le crociere, eppure il mercato ha ancora ampi margini di sviluppo, soprattutto se parliamo di intermediazione. A dirlo è Tom Fecke, segretario generale Clia Europe, incontrato a Copenhagen per l’evento Cruise360.

Qual è lo stato di salute del settore in Italia?
«Sebbene i numeri siano in leggera diminuzione, in Italia il settore è il terzo in Europa dopo Germania e Gran Bretagna con circa 800 mila turisti l’anno. Clia Italia, inoltre, ha appena aderito a Confcommercio per operare a più stretto contatto con tutti gli erogatori di servizi coinvolti nel turismo, lavorando anche sul tema delle grandi navi che rovinano il territorio. Il nostro compito è anche quello di cambiare quell’immagine di modello inquinante e dannoso per le città che alcuni media e organizzazioni hanno erroneamente dipinto».

È solo una questione di immagine?
«Paghiamo il prezzo di essere molto visibili, quindi su di noi si concentrano attenzioni esagerate rispetto alla reale ricaduta del settore, sia sul flusso di turisti che sull’impatto ecologico delle grandi navi. Questo, però, non ha certo frenato il lavoro di responsabilità sociale ed ecologica che le compagnie di crociere portano avanti da anni».

tom fecke, clia europeUna crociera è paragonata a una piccola città…
«Certo, è verissimo. Ma sfido qualunque piccola città ad avere un sistema di purificazione delle acque di così alto livello, l’utilizzo di combustibili a basso impatto ambientale, il costante miglioramento tecnologico delle navi e le moderne tecniche di riciclo e riutilizzo dei rifiuti prodotti a bordo. Su queste tecniche siamo all’avanguardia anche rispetto ad altri settori dell’industria turistica. Le nostre compagnie utilizzano standard ambientali che in molti casi sono più severi delle regolamentazioni dell’Organizzazione internazionale marittima».

Vi accusano di essere responsabili dell’overtourism a Venezia, Santorini e Dubrovnik. Che ne pensa?
«Il cruise tourism conta il 2% del turismo mondiale, non siamo certo noi i responsabili di tale congestione. Anzi, rilancio la tesi per cui le compagnie di crociere gestiscono flussi di visitatori per poche ore, maggiormente concentrati nei porti, che quando entrano nelle città distribuiscono ricchezza. Il nostro è un turismo di qualità: credo che siano altre  le realtà responsabili della “turismofobia”. L’ospitalità alternativa e i grandi mezzi di trasporto su gomma, per dirne due, stanno sconvolgendo le città».

Nuove mete possono aiutare il decongestionamento?
«Assolutamente sì, ci sono oltre 350 porti nel Mediterraneo, ma solo 100 di questi sono utilizzati a buon regime dai grandi itinerari crocieristici. Ma le nuove tendenze stanno spostando l’interesse anche su altre aree (vedi Asia-Pacifico), oltre che su nuovi modi di fruire la crociera».

Quali sono gli altri nuovi trend?
«Le luxury ship, le crociere in Artide e Antartide, le attrazioni e gli eventi in esclusiva per chi è a bordo, le navi come resort galleggianti per vacanze brevi e city break e le crociere intergenerazionali».

Perché l’Europa ha bisogno di Clia?
«Siamo l’associazione mondiale delle compagnie crocieristiche, con 62 società nel mondo e 28 in Europa. Il nostro obiettivo è favorire il successo del settore con attività di formazione, lobby e promozione. L’Europa nel 2016 ha visto una crescita del 3,4% e Clia ha il compito di intercettare il bisogno di formazione delle adv sul Mediterraneo, sulle nuove destinazioni e sulle infinità possibilità offerte dalle varie compagnie. Entro il 2022 entreranno in esercizio 70 nuove navi oceaniche, 18 di queste entro il 2018, con un investimento di 48 miliardi di dollari. Un agente con noi sarà sempre al passo con ciò che si muove nel settore».

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