Astoi e la super federazione:
il futuro secondo Ezhaya

by Roberta Rianna | 7 Giugno 2021 9:48

L’idea di una super federazione in rappresentanza dell’intero turismo organizzato, con una presidenza a rotazione sul modello Ue. La spinta a dotarsi di un lobbista a tempo pieno. L’intenzione di strutturare Astoi anche come osservatorio. Quasi un anno da presidente dell’associazione per Pier Ezhaya, che non cede però alla tentazione di compiacersi del lavoro di timoniere dei tour operator in pandemia. Lo sguardo è già rivolto al futuro. A un’estate che immagina «parziale»; all’autunno per la ripresa del lungo raggio («lo spero con la s minuscola», dice). E soprattutto al 2024, spartiacque per il ritorno alla normalità.

Il decreto Sostegni bis è stato una delusione. Che margini ci sono per ottenere i 500 milioni di fondo perduto richiesti[1] per adv e t.o.?
«Stiamo parlando costantemente con governo e ministero. Devo dire che c’è grande disponibilità all’ascolto da parte del ministro Massimo Garavaglia, ma purtroppo, sul piano delle misure concrete, poco è stato fatto per il comparto. Porremo di nuovo al centro delle questioni la nostra richiesta. Non so dire quanti margini ci siano, ma posso assicurare che ogni margine sarà battuto».

Con le altre associazioni (Fto, Fiavet, Assoviaggi, Aidit) siete un gruppo compatto. In futuro potrebbe esserci una sigla unica – la famosa casa comune – in rappresentanza del turismo organizzato?
«Tutte queste sigle sono impilate in confederazioni diverse, ovvero Confindustria, Confcommercio e Confesercenti. È difficile immaginare che questo possa cambiare, ma si potrebbe ambire a una super federazione, magari con una presidenza a rotazione stile Unione europea, dove il presidente di turno porti con un’unica voce la sintesi delle istanze delle varie associazioni. Diciamo che i tour operator una casa comune e unica l’hanno trovata, mentre la distribuzione è un po’ più polverizzata, complice anche la numerica di imprese che raccoglie. Quello che però deve essere chiaro a tutti è che più siamo frastagliati, più siamo deboli. Quindi io penso che questo sia più il momento di fare un passo indietro piuttosto che uno in avanti, anche a costo di rinunciare a un pezzo di visibilità personale. Sempre che si abbia veramente a cuore il proprio settore.

Che evoluzioni immagina per Astoi da qui ai prossimi tre anni?
«Deve diventare anche un osservatorio privilegiato di tutto il settore. L’angolo di visuale di Astoi – che raccoglie il 90% del tour operating nazionale – può offrire interessanti spunti sui trend di mercato e sulla domanda, cosa che sappiamo essere molto difficile da tracciare dall’esterno. In più deve avere un ruolo più attivo sulla parte delle normative che regolano questo settore e che discendono, in buona parte, dall’Unione europea».

Il gap in fatto di lobby è stato colmato?
«Credo sia stato fatto un lavoro senza precedenti e sia stata raggiunta una visibilità e un rispetto che questo settore non ha mai avuto. Però questo è stato fatto “buttando il cuore oltre l’ostacolo”, ossia facendo scendere in campo gli imprenditori e i manager più rappresentativi di questo settore. Questo può andare bene in un momento di crisi come quello che stiamo vivendo ma in “tempi di pace” il presidio politico deve essere fatto da professionisti che a tempo pieno si occupino di questo settore nei tanti rivoli in cui, purtroppo, la politica si dirama. Ecco perché credo che le associazioni debbano affidarsi a dei profili di Pubblic Affair che si dedichino interamente alle nostre istanze».

Oltre al pool mare Italia, sono stati costituiti in Astoi altri gruppi di lavoro?
«Sì, sono attivi altri team come il gruppo Tailor Made, quello sui Viaggi Studio, sui Vettori, sul Lavoro Spedizioni Cataloghi. Senza dimenticare i gruppi più corporate sul Lavoro Fiscale e sul Lavoro Legale».

Ristori a parte, quali sono le priorità per una corretta ripartenza del settore?
«Bisogna riaprire. In sicurezza, ma riaprire. Capisco che si voglia proteggere il turismo nazionale e i soci Astoi sono degli ottimi venditori di prodotto Italia, però non si può favorire il turismo interno con leggi ad hoc, anche perché il nostro Paese raccoglie il 51% delle proprie presenze alberghiere dall’estero. Ecco perché credo che le “frontiere chiuse” siano un autogoal incredibile proprio per il turismo nazionale. Quello che più dispiace sul tema riaperture è che non si entri mai nel merito, non si esclude un Paese perché è a rischio, ma si dice no a prescindere, in modo ideologico. E una domanda mi viene spontanea: noi che abbiamo chiuso i confini abbiamo avuto un livello di contagi o di decessi minore di quello di altri Paesi che invece non lo hanno fatto?».

Come prevede questa estate?
«La immagino parziale. L’Italia ha monopolizzato la domanda e credo farà una stagione anche migliore del 2020. Restano un po’ di Grecia, un po’ di Spagna e un po’ di Nord Europa. Il resto, almeno finora, è chiuso per decreto».

L’Unwto stima una ripresa vera del turismo, con un ritorno alla crescita, nel 2024? Varrà lo stesso per l’Italia?
«Credo di sì. La crisi abbiamo imparato a leggerla dinamicamente. All’inizio si diceva che sarebbe stato il 2022 l’anno di pareggio con il 2019, poi ci si è spostati sul 2023, mentre oggi tutti sembrano concordare sul fatto che questa crisi ha toccato in profondità interi settori economici e solo nel 2024 si potrà tornare alla vera normalità. Speriamo di non dover ulteriormente far scivolare in avanti questo timing già molto severo».

Quando e come avverrà il ritorno del lungo raggio?
«È una decisione politica, non scientifica. Ci sono alcuni luoghi del mondo in grande difficoltà per il Covid, penso all’India o a parti del Sudamerica, ma ci sono altri Paesi che invece hanno quasi completato il processo di vaccinazione e non c’è ragione per cui debbano restare chiusi. Io immagino, con un po’ di speranza (con la s minuscola) che in autunno potremo avere alcuni Paesi importanti aperti per turismo. Un’altra cosa difficile da far capire al governo è che il nostro settore non si apre dall’oggi al domani, ma necessita di un periodo di avviamento di qualche mese. Ecco perché sarebbe importante già oggi avere almeno una data che trasmetta sicurezza e fiducia ai consumatori e agli operatori».

Che caratteristiche avrà il tour operating nel post Covid?
«Alcune formule di vacanza sono cambiate, ma io credo che alla fine si tornerà a programmare le mete nello stesso modo. Dobbiamo professionalmente e umanamente concepire questo periodo come una bolla, terribile senz’altro, ma che una volta superata ci consegnerà la normalità che avevamo prima. Poi, forse, questa crisi ci ha portato a riscoprire altri modi di viaggiare, più esperienziali e meno di massa, ma questo era un trend che era già iniziato prima del Covid e che la pandemia ha solo accelerato».

Siamo quasi al giro di boa di un anno di presidenza Astoi. Si può ritenere soddisfatto del lavoro svolto e dei risultati ottenuti?
«Non devo giudicare il mio operato, è giusto che siano i soci a farlo. Quello che posso dire è che, nonostante l’incarico molto impegnativo che ricopro in Alpitour, ho assunto la presidenza di Astoi con grande senso di responsabilità e dedizione, sapendo di dover rappresentare un intero settore nel momento più delicato della sua storia».

Endnotes:
  1. i 500 milioni di fondo perduto richiesti: https://www.lagenziadiviaggimag.it/sostegni-bis-cosi-non-va-serve-mezzo-miliardo-per-adv-e-t-o/

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