Valtur all’asta: in pole c’è Alpitour

13 Giugno 17:00 2018 Stampa questo articolo

Nuovo colpo di scena nella vicenda Valtur. Il marchio andrà all’asta, da qui ai prossimi 30 giorni, e tra i pretendenti c’è Alpitour, (come aveva già scritto lo scorso 19 aprile L’Agenzia di Viaggi Magazine). Quando tutto sembrava portare inevitabilmente all’avvio della procedura di licenziamento collettivo da parte dell’ex tour operator di Andrea Bonomi, un spiraglio sulle sorti del marchio e dei lavoratori coinvolti si è aperto oggi nella riunione a cui hanno partecipato i rappresentanti del ministero del Lavoro e dello Sviluppo Economico, dei sindacati e del liquidatore Andrea Foschi.

«Ormai credevamo tutti che si andasse alla svalutazione del marchio, invece si partirà da una base d’asta di 1 milione e mezzo di euro», dice Luca De Zolt di Filcams Cgil nazionale. Una notizia, in effetti, che giunge inaspettata dopo che il Gruppo torinese aveva smentito in un paio di occasioni l’interessamento per quel che restava dell’operatore. L’ultima in ordine di tempo, durante la convention di metà maggio di Geo Travel Network, quando il direttore tour operating Pier Ezhaya aveva detto: «Dopo l’acquisizione del Tanka, non siamo più interessati a nulla che riguarda Valtur. Quello che c’era da prendere è già stato preso»

Al momento, però, tra i pretendenti al brand dell’ex t.o. di Investindustrial non ci sarebbe solo il primo Gruppo turistico italiano, ma anche un’offerta che «il liquidatore ha voluto tenere segreta» (proverrebbe da un Gruppo con interessi oltreconfine, tra Balcani e Russia), continua De Zolt. Intanto, in attesa che eventuali nuove proposte arrivino nei prossimi 30 giorni, il liquidatore dovrà decidere entro le prossime 24 ore («se non dovesse accadere niente, domani partirà la procedura di licenziamento») il da farsi sul fronte dei lavoratori.

«Oggi il Mise è stato molto netto in merito alla volontà di salvare i posti di lavoro», aggiunge il sindacalista. Proprio per questo, la soluzione in campo sarebbe ora quella di sospendere i licenziamenti, lasciando ai futuri proprietari la discussione con i lavoratori sulla base di una proposta in grado di evitare l’aumento dei costi in questo periodo di transizione.

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Giorgio Maggi
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