Tassa Airbnb, Atr: “Milano guadagnerà 4,5 milioni”

05 Giugno 07:00 2017 Stampa questo articolo

Circa 3 milioni di euro dall’applicazione della cedolare secca alle piattaforme online per gli affitti brevi. E oltre 1,5 milioni di tassa di soggiorno. Si aggira intorno ai 4,5 milioni di euro, dunque, la cifra che il comune di Milano potrebbe incassare con l’entrata in vigore della cosiddetta tassa Airbnb e della bed tax per gli appartamenti affittati come case vacanza attraverso i portali online. Lo ha calcolato Atr Milano, l’Associazione Turismo e Ricettività di Confesercenti del capoluogo lombardo, che ad aprile scorso ha lanciato il sito di sensibilizzazione hotelvsairbnb.it.

La stessa Atr fa sapere che sono circa 1.200 le Scia (Segnalazioni certificate di inizio attività) attivate da gestori di appartamenti a Milano, mentre sono 9.600 le case vacanze disponibili in città su Airbnb. A conti fatti, quindi, secondo l’associazione, sarebbero almeno 8.400 gli appartamenti non in regola.

Per Rocco Salamone, presidente di Atr Milano, «Il governo e il Parlamento hanno fatto benissimo ad approvare la legge che trasforma in sostituti d’imposta le piattaforme di affitto breve di appartamenti. Questo permetterà di regolarizzare gli appartamenti non in regola e far emergere i soldi che devono all’Erario. Pensiamo che le nuove entrate del comune di Milano andrebbero investite, non solo nella promozione turistica di cui abbiamo già visto gli effetti positivi negli ultimi anni, ma anche in opere strutturali che vadano a beneficio sia dei turisti che dei residenti, e quindi del brand Milano».

«Sarebbe inoltre positivo – prosegue Salamone – se gli introiti dello Stato derivanti dalla cedolare secca venissero investiti in edilizia convenzionata e popolare per contrastare il calo degli appartamenti disponibili in affitto per lunghi periodi, conseguenza proprio della diffusione delle piattaforme di condivisione di appartamenti».

E ancora: «Per Airbnb e le altre piattaforme di affitto breve di appartamenti la nuova legge sulla cedolare secca è la prova del nove per capire se vogliono realmente aiutare a contrastare l’evasione. Se le piattaforme dovessero rifiutare di adeguarsi alla legge sarebbe evidente a tutti che sono contrari all’evasione solo a parole. In questo caso il governo dovrebbe obbligare i gestori a identificare gli host e a comunicare i dati alle autorità. Inoltre dovrebbero richiedere i dati della Scia prima di pubblicare un annuncio sulla piattaforma».

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