Gli hotel si fondono per battere Airbnb

27 Gennaio 15:12 2016 Stampa questo articolo

L’unione fa la forza. L’ultima notizia – apparsa sul Wall Street Journal di qualche settimana fa – la dice lunga su quella che sarà una delle tendenze del settore alberghiero nel corso dei prossimi mesi. Carlson Rezidor Hotel, il gruppo che gestisce quasi 1.400 hotel in giro per il mondo con marchi prestigiosi come Radisson e Park Inn, sta valutando quale strategia intraprendere (tra vendita, fusione, partnership o acquisizione) per sviluppare il core business della holding.

Del resto, che il settore dell’hôtellerie stesse attraversando una fase di consolidamento, lo si era capito negli scorsi mesi, quando Marriott International aveva annunciato di acquisire Starwood Hotels & Resorts Worldwide per la cifra record di 12,2 miliardi di dollari, dando vita al primo gruppo alberghiero mondiale (al secondo posto, Hilton Worldwide, al terzo IHG): un colosso da 5.500 alberghi, con oltre un milione di camere in più di 100 Paesi. «Ci siamo convinti dei vantaggi dell’unione delle due società», ha spiegato l’amministratore delegato di Starwood, Arne Sorenson. Ma quali saranno le conseguenza del merger a livello pratico? In alcune città, ad esempio, la joint venture tra i due colossi porterà la nuova società a controllare il 56% di tutte le camere disponibili, con inevitabili riflessi sui prezzi, oltre ad aumentare in modo significativo la propria presenza in Asia e Medio Oriente.

Tutto da decifrare, poi, il destino dei 30 brand che si troveranno a far parte della stessa famiglia, alcuni dei quali in diretta concorrenza tra loro dal punto di vista del servizio e del prezzo, come ad esempio Marriott e Sheraton. In questo caso specifico, Marriott potrebbe decidere in molti modi: o investendo per ringiovanire il marchio acquisito. In alternativa, aumentando la propria offerta con una semplice operazione di restyling. O magari mettendo in vendita il brand Sheraton; un’operazione questa che troverebbe molti potenziali interessati. Ma ciò a cui gli addetti ai lavori guardano con maggiore curiosità è la sfida che il nuovo colosso lancerà alle Olta. «Il ceo di Marriott crede che la migliore offensiva verso Expedia e Airbnb siano le dimensioni», ha detto recentemente Barry Sternlicht, fondatore ed ex ceo di Starwood. «Nei prossimi anni – ha aggiunto – mi aspetto di assistere ad ancora nuove operazioni di consolidamento tra compagnie alberghiere, anche perchè le Olta continuano a essere viste come un’autentica minaccia. Dal punto di vista dell’industria alberghiera, Booking.com è stato un vero e proprio disastro».

A far luce su quali saranno i trend del settore nel 2016 ci ha pensato uno studio di Euromonitor secondo cui l’intera industria dell’ospitalità dovrebbe continuare a crescere, soprattutto in alcuni Paesi come la Cina. Sul fronte M&A (mergers and acquisitions) poi, dopo la mossa di Marriott di aumentare la propria potenza di fuoco per competere con agenzie online come Booking.com o Expedia, e piattaforme peer-to-peer come Airbnb, con tutta probabilità altri big dell’ospitalità mondiale scenderanno in campo.

Dopo i rumor che i sono susseguiti nei mesi scorsi, infatti, potrebbe essere la volta di Hyatt e InterContinental Hotels Group a buttarsi nella mischia, per non parlare di ciò che potrebbe accadere sul mercato cinese, dove la parte del compratore potrebbe toccare sia a holding cinesi interessate a fare shopping di player occidentali, sia viceversa.

Altro fronte ‘caldo’ dei prossimi mesi sarà senza dubbio quello riguardante gli effetti che l’esplosione della sharing economy sta producendo sul comportamento dei consumatori, business traveller compresi. La dimostrazione che qualcosa è cambiato in seguito al boom di Airbnb è venuta dalla decisione presa da Expedia di acquisire HomeAway, dando vita di fatto alla più grande offerta di appartamenti in affitto disponibile sul web: in tutto più di 1,2 milioni sparsi in ogni angolo del globo. Attenzione, però. Perché molto presto Airbnb potrebbe decidere di incominciare a vendere altre cose rispetto al suo core business tradizionale: non più solo l’affitto di appartamenti privati, ma anche di case-vacanze o delle cosiddette “in-destination experience”. La prova? Al momento il re della sharing economy ha già incominciato a collaborare con Virgin America per offrire un prodotto end-to-end, tanto che per il 2016 sono in molti a pronosticare l’inizio della commercializzazione della camere d’albergo su Airbnb. E rendere più effervescente il quadro ci sarà anche l’evoluzione del rapporto tra le famose Olta e big digitali come TripAdvisor e Google. Entrambe decise adentrare direttamente nel processo di prenotazione alberghiero – la prima attraverso l’accordo valido solo per il mercato Uk con Priceline Group, la seconda estendendo le funzionalità di Book on Google – diventando così veri e propri competitor di Expedia e dei suoi emuli.

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Giorgio Maggi
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