Filippine, l’altro volto del Pacifico

19 Aprile 11:13 2017 Stampa questo articolo

Guardi una foto di El Nido, frontiera sperduta nel mare cinese meridionale, dove Bill Gates e moglie hanno soggiornato due anni fa, e sogni di andare là. O per i più ricchi, Pamalican Island, sempre a Palawan: isola privata, solo per gli ospiti dell’Amanpulo, che la raggiungono con l’aereo privato messo a disposizione dal resort. Le Filippine, queste sconosciute. Un’atmosfera da pirati di Emilio Salgari, di giungla e cinquecento differenti coralli per 40mila kmq di barriera tra Oceano Indiano e Nord Pacifico. Attorno Vietnam, Cambogia, Thailandia, Malesia, Indonesia.

Da tre anni queste 7.107 isole paradisiache (7.641 se c’è bassa marea), battezzate nel 1565 con il nome del re spagnolo Filippo II, registrano sempre più presenze turistiche italiane, oltre che internazionali (più di 6 milioni nel 2016). Lo conferma Marites Bullester del dipartimento del Turismo filippino: con 25.945 arrivi l’anno scorso (+ 20% rispetto al 2015), siamo al 9° posto nel mercato europeo, dominato dagli inglesi (oltre 173mila), a cui seguono tedeschi, francesi e spagnoli. Sempre più emergenti le Filippine anche nell’interesse dei t.o. italiani, alla ricerca di un’alternativa nel Sud-est asiatico o nel Sud Pacifico. Otto gli operatori che hanno partecipato al fam trip organizzato dall’ente del Turismo delle Filippine, trovandolo utile e interessante.

Il viaggio parte da Milano Malpensa con volo Singapore Airlines che, dopo circa 12 ore, fa scalo a Singapore e prosegue per l’aeroporto internazionale di Kalibo, sull’isola filippina di Panay. Un collegamento che la compagnia aerea opera per raggiungere direttamente Boracay, meglio conosciuta come l’Ibiza d’Oriente.

Ci arriviamo nel pomeriggio del secondo giorno di viaggio, visto il fuso orario locale di +7 ore (sei con l’ora legale). Seconda tappa all’isola di Negros, poco più a Sud, per finire con toccata e fuga a Manila, da dove riparte il volo notturno che, sempre via Singapore, arriva alle ore 6 dell’indomani mattina, in una rara Malpensa deserta.

Lunga 7 km e migliore isola del mondo nel 2016 secondo Condé Nast Traveler (la seconda è Palawan e la quinta Cebu, sempre nell’arcipelago), Boracay è un sogno tropicale di sabbia bianca, lagune di mare verde acqua e movida a gogo. Atterrati a Kalibo, un transfer in bus ci porta al traghetto di Caticlan e poco dopo sbarchiamo. Quando, nel 2018, l’aeroporto di Catitlan diventerà internazionale, per raggiungere la party island ci vorrà solo mezz’ora.

Sulla famosissima White Beach – 4,5 km di spiaggia di cipria numerata in tre stazioni – si affaccia il Lind Resort, 4 stelle superior molto cool, ambiente di design, aperto nel 2015: 119 camere, ristoranti con live band di sera, Spa e palestra. Sulla meno animata Station 1 c’è il Discovery Shores, 4 stelle con bella spiaggia e ottimo servizio e, più defilato, il lussuoso ShangriLa (alla cui apertura, 5 anni fa, c’erano anche Angelina Jolie e Brad Pitt.

Station 2 è il centro, piena di locali e festa fino all’alba: camminando su e giù sulla riva, tutti finiscono per passarci una notte in bar, chioschi, discoteche e ristoranti per tutti i gusti, in giro nei negozietti o al D Mall.

Sulla punta sud, immerse nei frangipane, le 28 suite e 4 ville dell’Asya Premier Resort. In questa zona ci sono gli spot per snorkeling e immersioni a Crocodile Island, Crystal Cove e Magic Island. Canoe attorno alla barca vendono gelati e cocco, al largo una nave da crociera che dalla Malesia fa tappa a Boracay e Palawan. Ma l’escursione di island hopping è in posti troppo affollati di barche e turisti, come le spiagge. Solo vent’anni fa Boracay era un mito alla Robinson Crusoe, vergine e deserta. Ora conta oltre 350 hotel, case in affitto per turisti e cantieri per nuove edificazioni.

La clientela è soprattutto cinese e coreana, gli italiani backpacker di 30-50 anni. Quanto agli sport, si pratica diving, kitesurfing, sailing, jet sky, trekking all’interno dell’isola, pittoresca con le sue stradine in saliscendi. C’è anche il villaggio della tribù Ati, nato nel 2011 contro la precedente discriminazione. Gli aborigeni vivono di pesca, agricoltura e artigianato, in capanne di bambù e palma, con orto, scuola, biblioteca e campo da basket (una vera istituzione per i filippini,così come il karaoke).

Negros è invece l’alter ego di Boracay: molto quieta, clima più secco, divisa in due da una catena montuosa. Con un breve volo su Silay raggiungiamo il Negros Occidental. Coperta al 95% da foresta, la quarta isola più grande delle Filippine, di cui è capitale agricola, produce l’80% della seta di tutto l’arcipelago. Ha allevamenti di ostriche e di polli, usati solo per l’antica tradizione locale del combattimento dei galli, che si tiene ogni domenica.

Bella da attraversare per gli scenari sereni di alberi di mango e banani, palme e frangipane, risaie e tanta canna da zucchero, ha la costa punteggiata da città costruite dagli spagnoli (che hanno occupato le Filippine per 350 anni). Sono ben conservate le antiche case coloniali, soprattutto a Silay, come l’imponente e romantica The Ruins, quel che resta, appunto, del Taj Mahal locale, costruito nel 1920 dal barone Mariano in onore della moglie Maria morta giovane. Il mare qui è per famiglie, molto tranquillo.

Puntiamo a sud, sulla riserva marina di Sipalay, a circa 4 ore di transfer dall’aeroporto. Il Punta Bulata resort è raccolto in una baia, con piscina a sfioro sul tramonto, camere confortevoli e bungalow più moderni sulla spiaggia. L’atmosfera è familiare, come la proprietà, con il giovane Thomas che dirige. Ceniamo tutti insieme, bene come sempre perché la cucina filippina è semplice e sana. Ma qui ci fanno anche il piatto nazionale, il lechòn (maialino arrostito allo spiedo) e con il riguardo riservato agli amici, offrono vini e rum nella brezza in riva al mare, senza nessuno intorno. L’esperienza è vera, da viaggiatore.

Qui le escursioni sono green: immersioni, giri in kayak nelle lagune, trekking in foresta. Danjugan Island si vede dal mare con folte palme che svettano dritte nel cielo. 43 ettari di biodiversità naturale e marina dove gli ospiti – con eco tour di mezza giornata, day trip o con soggiorno di una notte nelle 4 camere (senza tv e aria condizionata, solo ventilatori) – sono coinvolti nella vita selvaggia, con 100% di elettricità solare e acqua piovana come risorsa idrica.

T.o. alla ricerca di alternative
Tutti insieme nelle Filippine, appassionatamente. Per conoscere un nuovo prodotto o approfondirlo, per vacanze o viaggi di nozze per il cliente italiano, che ha caratteristiche diverse da quello cinese o coreano. Il fam trip dedicato ai t.o. italiani è stato organizzato accoppiando una destinazione consolidata (Boracay) con una emergente (Negros). E si conclude con un workshop tra 80 operatori locali e 80 buyer da Uk, Spagna, Norvegia, Turchia e Italia.

Vince facile Boracay, per gruppi di amici in vena di party filipino style. Una meta da turismo di massa, tranne che per la privacy dello ShangriLa, proposto da Altreculture, che presto inserirà le Filippine in catalogo. Per Colony è l’alternativa nel Sud-Est asiatico che cercava: trasversalità di target (giovani, famiglie, lusso), mare top, vacanza a piedi nudi. Piace anche a Kibotours, in alternativa a Ko Lipe ad esempio; e a Etnia che propone già Boracay come sostituta delle isole Gili in Indonesia e apprezza l’esperienza a Punta Bulata, con l’escursione all’eco-isola dove i pesci non sono abituati alla gente.

La destinazione, i servizi, le sue attrazioni, andrebbero però valorizzate: opinione condivisa quando si parla di Negros, adatta a chi cerca natura e diving, ma non ancora all’altezza di altre mete nelle stesse Filippine. Potrebbe inserire il giro dell’isola Kel 12, che alle Filippine manda gruppi da due anni in tour culturali (cascate di Pagsanjan, trekking all’isola vulcano di Taal, i siti Unesco delle risaie a terrazze e la città storica di Vigan), con estensione mare a Bohol e Palawan.

Per Fiji Time il plus della destinazione sta nell’integrità dell’ambiente marino, introvabile nel Pacifico; ma Punta Bulata, ideale per la fotografia subacquea, non ha un diving center. Presente anche Mikrotour, che già programma le Filippine, secondo cui l’isola ha un valore aggiunto: è meno turistica, di nicchia, ottima per l’ecoturismo. Un’opinione condivisa da South Discovery, alla ricerca di un prodotto emozionale, da proporre come estensione, perché il viaggio altrimenti sarebbe troppo lungo.

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Adriana De Santis
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