Cina, i numeri del nuovo colosso dell’aviazione

07 Giugno 11:34 2017 Stampa questo articolo

La nuova Mecca dell’aviazione mondiale? La Repubblica Popolare Cinese, ovviamente. Forte di una domanda interna in crescita, di aeroporti giganteschi e di oltre una ventina di vettori capaci, ciascuno, di collegare decine di destinazioni nazionali e internazionali, il Paese che orienterà il futuro del mercato aereo globale non potrà che essere quello dove, secondo la Civil Aviation Administration of China, nel lontano 1982 i viaggi in aereo non superavano quota 4 milioni.

A distanza di 34 anni, il boom non si è ancora concluso, e nel 2016 quel numero ha superato i 487 milioni. E non è tutto. Dopo aver conquistato il mercato domestico – «un tempo per i cinesi viaggiare in aereo era un lusso, adesso lo fanno almeno una volta l’anno», ha detto Wang Junjin, chairman di Juneyao Airlines, durante la cerimonia d’ingresso della sua compagnia in Star Alliance – il trasporto nei cieli ha già iniziato a guardare fuori dei confini nazionali.

Così, se nel 2006 le rotte a lungo raggio inaugurate dai vettori cinesi erano state solo sei, nel triennio 2014-17 si è già arrivati a superare quota 50, secondo i dati forniti da Capa – Centre for Aviation. Come se non bastasse, poi, entro il 2024 la Cina supererà gli Usa come mercato più importante in termini di passeggeri, arrivando nel 2035 a 1,3 miliardi di viaggiatori. Trovare i passeggeri nei prossimi anni, quindi, non sarà certo un problema, il rischio semmai è che aeroporti e infrastrutture non riescano a reggere un simile boom. Se il nuovo aeroporto di Pechino sarà pronto entro il 2019 (anche quello di Shanghai Pudong avrà un nuovo terminal e quinta pista per il long haul), l’intera Repubblica Popolare può a oggi contare su circa 210 scali (contro i 330 degli Stati Uniti). Un numero ancora troppo basso, però, per consentire il funzionamento dell’intero sistema. Risultato: se devono viaggiare all’interno del Paese con uno spostamento inferiore ai 500 chilometri, i cinesi preferiscono un treno super veloce, confidando per di più nella proverbiale puntualità dei convogli. Diverso il discorso quando si tratta di percorrere tratte più lunghe, o volare all’estero.

Qui scendono in campo i tre big Air China, China Eastern Airlines e China Southern (a cui si aggiunge Cathay Pacific), tutti controllati dallo stato e quotati nelle Borse di Hong Kong e Shanghai, mentre le piccole compagnie private devono accontentarsi di una fetta di mercato più piccola.

Ma attenzione, perché anche in Cina è arrivato il fenomeno low cost. I numeri sono ancora piccoli (la quota di mercato dei lcc non supera il 9%, contro il 56% dei Paesi del sudest asiatico), ma la tendenza non lascia spazio a dubbi. Spring Airlines, ad esempio, a distanza di poco più di 10 anni dalla sua nascita, è riuscita a conquistare spazio offrendo la più classica della ricette no frills: costi operativi più bassi del 35% rispetto alle big three. Stessa operazione per il vettore 9 Air, nata poco più di due anni fa e basata a Guangzhou. Per entrambe, la flotta è composta da non più di una trentina di aerei e il network è prettamente regionale.

Ma a decidere le sorti dell’aviazione cinese potrebbe essere la firma dell’accordo Open Skies tra Cina e Stati Uniti – previsto nel 2019 – che porterebbe all’apertura di rotte transatlantiche da un capo all’altro del Pacifico, con Los Angeles e San Francisco come prime destinazioni. Intanto, ha debuttato lo scorso 5 maggio, partendo dall’aeroporto Pudong di Shanghai, il C919, primo aereo commerciale prodotto dalla Cina con l’obiettivo dichiarato di fare concorrenza ad Airbus e Boeing. Progettato interamente nel Paese dalla compagnia statale Commercial Aircraft Corporation of China, il C919 è la risposta di Pechino al Boeing 737 e all’Airbus 320, e può ospitare a bordo fino a 168 passeggeri e coprire distanze di oltre 5mila chilometri. Se le prime consegne dovrebbero iniziare nel 2019, dalla casa costruttrice fanno sapere di aver già ricevuto «570 ordini da 23 compagnie», tutte cinesi. Nonostante la buona volontà dei suoi costruttori, non è pensabile che il nuovo aereo possa da solo far fronte a un’autentica invasione nei cieli cinesi dei prossimi anni. Il motivo è semplice: secondo gli analisti entro due decenni, solo la Cina avrà bisogno di almeno 6mila nuovi aerei, per un valore di circa 600 miliardi di dollari.

L'Autore

Giorgio Maggi
Giorgio Maggi

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