Carte di credito, la “svista”
delle compagnie aeree

17 Luglio 12:47 2018 Stampa questo articolo

Anche l’Associazione prestatori di servizi di pagamento (Apsp) si mette al fianco delle agenzie di viaggi e delle associazioni di categoria, come Fto e Assoviaggi. L’obiettivo è uno: fare chiarezza, una volta per tutte, sul dibattito sollevato con le compagnie aeree sulla revisione della Reso 890 di Iata e relativo ai sistemi di pagamento tramite carte di credito aziendali.

“Il provvedimento, erroneamente interpretato dai vettori come una vera e propria penalizzazione delle transazioni tramite carta di credito delle adv – si legge nel comunicato divulgato da Apsp – stabilisce in realtà che gli agenti possono utilizzare le proprie card solo previa ed esplicita autorizzazione delle singole compagnie aeree, con le quali si stipula un accordo di servizio ad hoc”.

La decisione di British Airways (anticipata in Spagna da Air Europa e seguita da United Airlines) di applicare dal 1° giugno 2018 un adm (agency debit nemo) del 5% sulle transazioni di biglietteria aerea con carta di credito corporate, viene visto – prosegue la nota – “come un ennesimo attacco delle aerolinee alle adv. Infine, l’atteggiamento tenuto dalle compagnie aeree è in contrasto con la direttiva  2007/64/Ce relativa ai pagamenti nel mercato interno, recepita nel nostro ordinamento dal decreto legislativo 27 gennaio 2010 n°11 e che prevede che il beneficiario non possa applicare a carico del pagatore ulteriori spese relative all’utilizzo di strumenti di pagamento”.

«Imporre le proprie condizioni alla pluralità di agenzie, incluse quelle con le quali non esiste un rapporto contrattuale, da parte delle compagnie aeree è non solo discriminatorio, ma lesivo della libertà economica e finanziaria e non riconosce che i pagamenti elettronici rappresentano l’architrave dell’economia che connette il mondo professionale, produttivo e dei servizi e supporta la competitività delle imprese», ha dichiarato Maurizio Pimpinella, presidente di Apsp.

“Scenari di questo tipo possono diventare un infelice precedente e suggerire una regressione anche in settori diversi da quello del travel, frammentando l’offerta e confondendo aziende e consumatori”, chiude l’associazione.

L'Autore

Giulia Di Camillo
Giulia Di Camillo

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