Alitalia, adesso il governo vuole il 100%

08 Agosto 11:15 2018 Stampa questo articolo

Chissà adesso cosa penseranno dalle parti di Francoforte oppure oltreoceano, nel quartier generale di Cerberus o di Delta; o ancora a Luton, in casa easyJet. Perchè la partita Alitalia, che ha visto negli scorsi mesi più di una compagnia aerea straniera esprimere il proprio interessamento, adesso potrebbe tornare al punto di partenza. Ovvero in una casa tutta italiana.

Approvata da tempo la linea del ritorno sotto la protezione dello Stato – «la nazionalizzazione old style non è fattibile per tutta una serie di norme europee», ha però sottolineato ieri il vicepremier e ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico Luigi Di Maio – per l’ex vettore di bandiera ora non andrebbe più bene nemmeno avere un partner industriale (presumibilmente straniero) di minoranza.

Secondo quanto riporta il quotidiano La Stampa, infatti, dopo un vertice fra lo stesso Di Maio e il sottosegretario leghista Armando Siri, la nuova road map prevederebbe una soluzione «tutta italiana», per salvaguardare i posti di lavoro e avere nuovamente una compagnia aerea di bandiera. Verrebbe messa così da parte l’idea annunciata solo pochi giorni fa di un nuovo bando di gara, e al suo posto si assisterebbe alla creazione, da subito, di una «newco» partecipata da aziende pubbliche, che avrebbe il 100% di Alitalia.

In prima fila, come era stato più volte scritto, ci sarebbero un pool di imprese italiane che va da Ferrovie dello Stato fino a Poste Italiane e Cassa depositi e prestiti. 

Solo due settimane fa, però, il presidente dell’Acri e azionista di Cdp, Giuseppe Guzzetti aveva detto:  «Le fondazioni bancarie sono assolutamente contrarie a un intervento della Cdp in Alitalia, che non rientrerebbe nei casi previsti dallo statuto della società che prevede che non si possano fare interventi in aziende in perdita o dalle prospettive incerte». Per questo motivo il governo starebbe studiando uno spacchettmento di Alitalia in due compagnie, una newco che attrarrebe gli investimenti e una bad company dove piazzare tutte le perdite e i debiti.

A questo punto, nelle intenzioni del governo, tra settembre e ottobre avrebbe luogo la presentazione di un nuovo piano industriale, in linea con la vocazione nazionalista dell’esecutivo gialloverde, mentre gli attuali commissari straordinari verrebbero chiamati a gestire la «bad company» costituita dall’attuale Alitalia. Risultato: le offerte di Lufthansa, easyJet e Wizz Air finirebbero nel dimenticatoio, con buona pace di chi aveva creduto alla loro validità.

Come poi una soluzione come quella paventata da Lega e 5S possa riuscire a dare vita a una compagnia profittevole, che non incorra negli strali dell’Unione europea e che non preveda nuove sovvenzioni da parte dei contribuenti, rimane tutto da chiarire.

Per il momento, l’ultima dichiarazione sul tema, che di certo non aiuta a fare chiarezza, è ancora quella di Luigi Di Maio: «È evidente che per questo governo deve restare un vettore dello Stato italiano legato a realtà produttive italiane e allo stesso tempo voglio sincerarmi con i cittadini del fatto che non vogliamo mettere altri soldi dei contribuenti, ce ne sono già abbastanza. Dobbiamo razionalizzare la spesa e fare in modo che i partner possano portare avanti delle sensibilità politiche e non solo le regole del business».

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